Per tanti è la signora delle zucchine, per via di quel coloratissimo banco di piccole zucche ornamentali da lei coltivate che allestisce in occasione della fiere autunnali.
Tappa irresistibile, al femminile in particolare, che risolve in modo semplice ma d’effetto il decoro della casa a tema con la stagione.Pezzi unici, è il caso di dirlo, bizzarrie che la natura esprime in una varietà di forme e miscelazione di colori infiniti: è appassionante passarle in rassegna una ad una per scegliere le proprie. E intanto scambiare qualche battuta con lei, Marilena Borella, viso luminoso e rassicurante, in rigorosa tenuta agricola con il suo cappello in paglia e la camicia a scacchi. Sa trasmettere la valenza di queste piccole opere vegetali, perché ha trascorso una vita ad attribuire valore e anche ad apportarlo.
Nella sua casa natale ha conosciuto e vissuto i cicli dei campi e quelli della stalla con quella “bramosità di conoscere” che ha stupito tutti. “Mio padre rimaneva incantato di fronte a tanta ardente passione” racconta Marilena. È stato quindi naturale indirizzarsi verso gli studi di agraria portati a termine con 60/60, il massimo dei voti, e anche il proseguire con la facoltà di agraria. La necessità di sostituire la mamma nella gestione della casa l’ha costretta, con grande dispiacere, ad abbandonare gli studi.
“Le potature sono quelle che rinforzano” riflette Marilena, non ancora insensibile a questo ricordo che le ha spezzato un sogno. E prosegue “Io penso un di essere un po’ come le piante adattogene, che nei secoli – e anche oggi- hanno sempre avuto la capacità di adattarsi al clima o alle difficoltà. E per via dei cicli e ricicli della vita, che cita prendendo spunto dai processi della natura, ci sono stati altri passaggi stretti nel suo percorso ma ha sempre cercato la sua via di uscita.
In un periodo particolarmente buio ha preso a coltivare zucchine decorative: una sorpresa continua, il vederle spuntare e poi prendere forme e colori diversi anche su una stessa pianta, tale da sortire l’effetto di ridarle energia e positività.
Le ha chiamate “zucchine portafortuna”, ha registrato il marchio accompagnato dalla didascalia “migliorano la vita sprigionando la fantasia con le forme e dando energia coi colori” e ha pensato bene di corredarle di una carta di identità numerata “perché se uno deve viaggiare, ad esempio in aereo, non può portare la zucchina con sé. La carta d’identità invece sì.
Le zucchine, una parentesi di respiro dentro la pienezza del mestiere agricolo che vede Marilena fare la sua parte nella gestione familiare di più poderi, in quanto soggetto con autonomia decisionale. È una che sa il fatto suo, come si dice in questi casi. Le giornate iniziano presto e non finiscono mai. C’è sempre da fare. Ma il tempo per alimentare la “bramosità di conoscere”, quella stessa che la caratterizzava da bambina, quello lo trova sempre.
È arrivata anche la fase dello “spirito del turismo” rimasto acceso in Marilena oltre l’adesione, insieme ad altre imprese al femminile, a un progetto di promozione turistica non convenzionale sul territorio piacentino. Quel podere al naturale di proprietà, denominato Pallavicina, che si sviluppa fra due argini nei pressi dell’Abbazia di Chiaravalle (PC), rappresenta una sorta di oasi con un incredibile microambiente, nel bel mezzo di una pianura padana sfruttata al massimo.
Questo è il luogo del cuore di Marilena, quello su cui ha fatto e si ritrova a fare progetti: certamente l’ultimo degli appezzamenti a cui rinuncerebbe.
Inizialmente proponeva passeggiate per riconoscere le erbe spontanee e commestibili ma ora ha in mente qualcosa di più. Dato che quel terreno si trova sulla via Francigena, sarebbe bello poter creare un albergo diffuso tra le quattro case lì presenti e ospitare i pellegrini di passaggio. Un progetto grande ma ai sogni non ci è chiesto di porre limiti!
“Se riesco a vendere un podere a San Rocco di Busseto (PR) posso dedicarmi con più serenità a questa terra” lo confessa liberamente Marilena rimarcando “È bello sai anche là? C’è una casa che una volta sistemata diventa una favola e tanta terra intorno che può essere sfruttata in molti modi (a uso abitativo, per un agiturismo, un maneggio…). Più di tutto c’è una pace speciale: se uno non sta tanto bene in posti del genere guarisce!”.
Andiamo a vederlo. Ci accoglie un occhiuto barbagianni un po’ incredulo “cosa ci fate qui?!” sembra dire, mentre un potente raggio di sole trapassa la piccola cascina – una perla- a lato della casa.
Intanto che attende sviluppi Marilena beneficia e valorizza di ciò che quella terra “preziosa” dell’ oasi Pallavicina -abbondantemente concimata a suo tempo dal bestiame – produce: una bella varietà di erbe spontanee commestibili. Prima le vendeva fresche poi, dato il ciclo breve di vita, si è attivata per conservarle. Ora le fa confezionare con le sue ricette da un laboratorio specializzato.
Pesto di tarassaco con Lemon myrtle, cime di rapa in olio, salsa verde di tarassaco, composta di fiori di robinia, composta di fiori di sambuco sono solo alcune delle tante ricette che solo chi conosce davvero il ciclo che dalla terra arriva al piatto può arrivare a formulare!
Quanto alle zucchine, nel corso degli anni, c’è stata un’evoluzione: se prima venivano coltivate in modo tradizionale nel terreno zappato ora vengono seminate in modo distanziato nel prato, vale a dire che crescono sopra l’erba, sfruttando l’equilibrio naturale che c’è nel terreno. “Evitare la coltura intensiva produce migliori frutti e sfruttare l’erba come base ovattata consente alle zucchine di rimanere pulite. Una condizione ideale per ottenere ottimi risultati” spiega Marilena, sempre estremamente chiara nel suo interloquire.
“Lo sai che l’impollinazione della zucca è con le api non anemofila cioè ad opera del vento – esclama ad un tratto – Sulla catena ci sono fiori maschi e fiori femmine. Ogni fiore, femmina naturalmente, ha una sua impollinazione e incrocio e quindi un suo colore. Sulla stessa catena magari le prime due zucche sono uguali poi le altre sono diverse”.
Mentre parliamo attraversiamo l’oasi. Improvvisamente ci taglia la carraia uno scoiattolo e, a ruota, un leprottino! Un tuffo al cuore in quel momento sospeso. “Anche i fagiani si sono riprodotti in buon numero” mi fa notare Marilena e prosegue “vedi là verso la strada quelle due metà di un tronco gigante riverse sul prato?
E’ Mamma Quercia, una pianta secolare che ha sempre vegliato e protetto questa terra. E non è un modo di dire. In passato in particolare si sfruttava la funzione frangivento delle piante che teneva alto il vento, impedendogli di venire a contatto con il terreno e quindi di fare danni.
Ora, io e mio fratello in questo nostro appezzamento abbiamo lasciato che le piante crescessero. Più di tutte una grande protezione ce l’ha sempre garantita la quercia. Così bella e imponente da aver attirato anche degli scalatori ad esercitarsi. Ricordo di un giorno in cui ne ho trovato uno, agronomo forestale potatore, che faceva lezione di salita alla sua ragazza. Ci avrannno impiegato un’ora ad arrivare in alto” racconta Marilena.
Questa quercia generosa nella nostra proprietà ha compiuto il suo ultimo atto nel luglio scorso quando, con la sua possenza, ha fatto fronte ad una tromba d’aria che l’ha spezzata in due, in verticale.
In quei giorni non avevano ancora mietuto il frumento nei campi, posizionati in linea d’aria dietro la quercia. Questi sono rimasti intatti mentre intorno si sono verificati danni a non finire.
Per sicurezza il comune ha preferito abbattere la pianta. Marilena non ha voluto che fosse portata via. Ha sempre sentito la sua energia positiva e sta pensando di farne piccoli rametti che arrivino a quante più persone possibili. Li porterà con sé nei banchetti autunnali.
La stagionalità impone che in questi giorni sia in atto la vendemmia di uva antica, ormai rara: la Bianchetta di Bacedasco, con piccoli chicchi che sembrano di uva da vino ma invece è da tavola. Sa di bouquet di fiori bianchi e pesca bianca. In pochi la coltivano ancora. E questo vale anche per la Verdea.
La raccolta e la pulitura di ogni singolo grappolo è lavoro certosino “quando mi sono sposata e l’ho visto fare a mia suocera mi sono detta che erano tutti matti – ride ancora divertita Marilena -. Devi foderare la cassettina con le foglie alternate ai grappoli in un certo verso e poi togliere i difetti con la forbicina, grappolo per grappolo. Ma anche qui ho finito per farmi coinvolgere!”.
Eccola qui la signora delle zucchine, se mai un simile titolo possa rendere giustizia a questa donna, che dalla “terra che non sa di niente” (sua citazione) tira fuori sostanza e idee a getto continuo. Dice che questo la solleva, aiutandola ad affrontare meglio il quotidiano. Un quotidiano che – si sa – pesa di più.
Simona Vitali
Marilena Borella
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