“Vi stavo aspettando” così sembrava ci dicesse Nicoletta nell’accoglierci al nostro ingresso furtivo nel salotto di “casa sua”.
Io e Luigi ci stavamo perdendo in libertà nei vicoli della fascinosa Ortigia… dove qualcosa ci attraeva lì ci incuneavamo, a tratti perdendoci di vista.
A un certo punto ci siamo trovati entrambi davanti allo stesso locale, io col naso incollato sull’ultima vetrina a perdermi tra bambole siciliane pizzi e merletti, splendide tovaglie damascate e suggestive sculture, lui a spingersi istintivamente verso l’ingresso e dirmi “vieni, vieni a vedere”.
Lo raggiungo e insieme varchiamo la soglia: la porta è spalancata. Dalla cucina si affaccia una signora sorridente che, alla richiesta di poter vedere il locale, un autentico gioiellino di trattoria, ci dice “accomodatevi pure” e si appresta ad accendere tutte le luci, perché le due sale siano ben illuminate.
Poi si scusa un attimo, tempo di spegnere il fuoco sotto la pentola e di uscire dalla cucina con un piattino e una fetta di ciambella, altissima, divisa in due. Il suo benvenuto per noi, due estranei ai suoi occhi. Un gesto come materno, folgorante per entrambi, che ci ha portato a chiederle di raccontarci di lei, della sua storia, avendo percepito ricchezza già a quel punto.
Ci accomodiamo ad un tavolo insieme a Nicoletta e lei inizia con molta naturalezza a parlare di sé, con una sorta di musicalità nel suo narrare da rendere piacevole l’ascolto.
“Questa è la mia età. Lo direste? Mio marito è 15 anni più giovane di me. Ci amiamo tantissimo ancora adesso. Non riusciamo a fare a meno l’uno dell’altra…ma è necessario tornare indietro nel tempo per capire come sia arrivata fino qui. Sono rimasta vedova a 29 anni, incinta, e con altri due bimbi di 2 e 7 anni. Così, da un giorno all’altro. Ma ho sempre sentito una forza dentro, come Qualcuno che mi proteggeva e, senza perdermi d’animo, mi sono data da fare finché non sono riuscita ad entrare alla Standa, dove ho lavorato per quindici anni”.
Nicoletta ha due intensi occhi verdi, che dicono vitalità. Ci entri dentro.
E il modo di porsi, la grazia e la dolcezza insieme, di lei ti conquistano. L’ascolti con piacere, rende lievi anche i passaggi ostici della sua storia. Continua raccontando della fiducia che ha sempre infuso nei suoi figli, di quel papà che era in cielo ma che sarebbe arrivato anche sulla terra, prima o poi.
Ci parla della frequentazione di un gruppo di amici siracusani e di quell’amica che l’aveva ospitata con i bimbi a casa sua. All’indomani si sarebbe unito a loro anche un certo Giuseppe, soprannominato Beppin, un ragazzo veneto, dotato di una bella spiritualità. “Beppin viene dall’India”, le avevano detto.
Proprio quella conoscenza ha cambiato il corso della sua vita perché quello si è rivelato uno speciale incontro d’anime: l’una sostegno e forza, ossigeno e linfa per l’altra. E quando c’è sintonia, il due diventa davvero più potente dell’uno. Ci si asseconda e si costruisce. Insieme.
Prima è Giuseppe ad avanzare, sublimando l’attività di raffinato e sensibile scultore, con l’apertura di una galleria d’arte alla Giudecca, poi nel 1983 è la volta di Nicoletta che intuisce come il flusso di gente che gravita dal vicolo verso il Museo Nazionale di Palazzo Bellomo non disdegnerebbe di fare una sosta per un ristoro.
Così inizia la scommessa di dare forma a un piccolo locale dove avrebbe cucinato quello che preparava a casa. Guardando le due sale Nicoletta chiede “Costruitemi quattro tavolini, quattro, non di più”.
Ẻ seguito poi un allestimento come di casa, perché quel luogo doveva accogliere come in un abbraccio. Ed è iniziato l’esercizio della memoria, recuperando i suoi ricordi, parlando con gli anziani, leggendo antichi libri di cucina locale.
A distanza di 33 anni la trattoria La Foglia è ancora lì, con quella stessa impronta e uno sguardo luminoso sul futuro: Luciana, una delle figlie, ha deciso di dare continuità al locale e con il suo buongusto crea meravigliose scenografie con ricercati drappi damascati, centrini, preziose tende, raffinati cuscini ad arricchire divanetti. E naturalmente le opere d’arte di Giuseppe, che serve ai tavoli piatti genuini e cultura.
Ogniqualvolta gli si chiede qualche informazione sulle sue opere lui afferra i clienti e li conduce in un viaggio di ampi confini.
Nicoletta continua imperterrita il suo impegno in cucina, con la sua mano abile e delicata.
Ha iniziato l’attività andando ogni giorno ad acquistare l’occorrente e rientrando al ristorante con le sue sportine. Beppe, che ancora si preoccupa dell’anima della moglie, capita che la inviti a rallentare “devi pensare alla tua interiorità”, le dice.
Con la voce rotta dico a Nicoletta “ma questa è una gran bella storia d’amore!”. E lei, per nulla sorpresa dall’affermazione, come pronta, mi dice con naturalezza “sì, questa è una bella storia d’amore e chi ci conosce lo sa. Pensi che io non parlo mai con persone che non conosco di queste cose. Oggi non so cosa mi sia successo. Mentre stavo cucinando stavo facendo alcune considerazioni fra me e me, poi siete arrivati voi”.
Durante la conversazione ho afferrato la forchettina per assaggiare la ciambella di cui la padrona di casa ci ha omaggiato: sofficissima, imbibita di uno sciroppo agli agrumi, evocativa di quanto di più genuino ho avuto modo di assaggiare negli anni.
Una mano felice si esprime in questa cucina, in sintonia con quella donna e la sua fiducia nella vita. Una grande forza dentro l’ha guidata ad assecondare il suo destino. Con amore!
Simona Vitali
simonavitali@solobellestorie.it
Trattoria la Foglia
Via Capodieci, 29
Ortigia, Siracusa
Tel. 0931 66233
www.lafoglia.it