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FRANCO, IL CERCATORE SERIALE DELL’IMPROBABILE

25 dicembre 2021

C’è stato un tempo in cui faceva il restauratore e ci si dedicava con passione. Non contava le ore che ci metteva, anche di notte, quando poteva lavorare indisturbato nel suo laboratorio.
Le richieste erano talmente tante da non riuscire a trovare tutti i pezzi per accontentare i clienti.
Poi quella partecipazione al Mercante in Fiera nel 1995 gli ha fatto capire che il tempo era scaduto. Era giunto il momento di depositare gli attrezzi e cambiare rotta, assecondando una passione che coltivava già da tempo di frequentare di mercatini alla ricerca di oggetti curiosi, perché un entusiasta come lui doveva mantenere quella fiammella sempre accesa.
Questo è Franco Rodolfi che oggi è un cercatore seriale e collezionista di cose improbabili, di cui ti sa raccontare anche la storia. I suoi criteri nella scelta sono la particolarità dei pezzi ma anche la complessità della loro fattura.

Che sia chiaro però che lui non butta via niente, neanche una vite. Così facendo ha stipato un intero capannone da cui svettano pezzi unici, nel vero senso della parola, che l’occhio deve sapere riconoscere fra tanti oggetti più comuni. Transitando dal tratto che unisce Fidenza a Salsomaggiore Terme, non si può non notare macchie di colore appariscenti, sotto la tettoia esterna, come il verde brillante di un piccolo veicolo allestito come da corsa o il blu di un aeroplano con le ali tricolore, a misura di bambino, apposto su un piedistallo.
Basta chiedere e Franco è ben felice di dare spiegazioni mentre traffica fra i suoi oggetti.
“Quella verde è un prototipo autocostruito di auto da pista – spiega – trasformato, in un secondo momento in un fuoristrada. Ha il motore di una Vespa 150 con un cambio Fiat 500 e un totale di 16 marce. L’aeroplano invece è il pezzo di una giostra. L’ho trovato nella cantina quando ho acquistato questo complesso, casa e capannone, che in precedenza è stato affittato ad un giostraio. L’ho fatto restaurare ed ora è parte della mia collezione di cose strane”.


Entrando nel grande spazio del capannone cattura subito, sulla sinistra, la ricostruzione di un angolo bar
con un enorme mobile rétro color crema e rifinito in bordeau, tutto a ripiani colmi di bottiglie d’epoca, che tiene tanta parte di una grande parete. Davanti una sorta di bancone animato da un’avvenente barista bionda, capello lungo, occhi ammalianti, con una linda camicetta bianca. È un manichino che a prima vista fa pensare a una persona in carne ed ossa!

Poco oltre svetta particolare portafrutta da ristorante, tutto in vetro soffiato, con un lungo collo da cui si versava l’acqua che andava a riempire il fondo. Sulla parte incava esterna veniva depositata la frutta,
che aveva le condizioni ottimali per mantenersi fresca.
“Questo me l’ha regalato un cameriere che aveva girato il mondo con il suo lavoro e che a fine anni ’90 lavorava nel ristorante mio e di mio figlio a Fidenza, nei pressi del duomo. Si chiamava al Convento ed era tutto illuminato soltanto con le candele. Ne avevamo messa una anche sopra questo portafrutta”.


Il resto degli oggetti è distribuito su piani di appoggio come quel sedile di un calesse a cui Franco ha fatto fare i piedi per dargli stabilità, oppure su mensole e tavoli ma anche sul pavimento, se i pezzi hanno una certa dimensione. Sono luoghi in cui aggirarsi con attenzione questi, perché l’occhio colga fra le tante cose ciò che gli aggrada e, se è affinato, anche pezzi così particolari da meritare che se ne ascolti la storia.
La giovialità abita qui. Se si fa capolino nel capannone si è i benvenuti.
Due parole, anche tre, Franco le scambia sempre volentieri ed è pronto a far notare la particolarità di quell’oggetto piuttosto che di un altro. Lui che apprezza tanto la cura con cui gli artigiani del passato costruivano ogni singolo pezzo, è contento che ci siano persone che ne riscoprano il valore.

Si capisce quando una persona sta bene nel mondo che si è creato e che intende continuare ad alimentare. Da poco gli hanno consegnato un’irresistibile Betty Boop con i suoi occhioni verdi e un avvolgente abito rosso da sera. Una figura tridimensionale, che risale a fine anni ‘90, di almeno un metro di altezza, capace di attirare l’attenzione su di sé, nonostante la presenza, nei dintorni, di altri pezzi ben più rari. Come i due cavallini di marca Mabo degli anni ‘40, uno che cammina ancora spingendo i pedali e l’altro a dondolo. Perfettamente conservati, arrivano direttamente da un collezionista. E pure quella macchina pedali, una citroen cabrio del 1960 color nocciola, in attesa di qualche ritocco, ma già bellissima!

Lì accanto non passa inosservata una moto filiforme, rispetto ai modelli a cui siamo abituati. È un Corsarino ZZ mai utilizzato. L’aveva realizzato un team di gara per omaggiare un pilota a fine carriera. Questi l’ha sempre tenuto nella propria sala senza mai usarla.
In un punto sopraelevato svettano due ballerini di almeno 80 cm di altezza, in cartapesta, rigorosamente in abito da ballo. I loro volti hanno sembianze animali.


Se si attacca la spina girano a tempo di valzer. Sono stati realizzati in Germania nel 1943 e arrivati fino qui, nelle mani di una restauratrice locale che, sapendo della passione di Franco, glieli ha offerti. Un altro pezzo si è aggiunto alla sua collezione che non ha preferenze di genere, purché si parli di cose per qualche motivo  improbabili, pezzi unici.
Più oltre, su un altro tavolo, c’è una composizione in resina che non passa inosservata. Ritrae una famigliola con il proprio cagnolino su un’auto d’epoca decapottata, mentre transita nella campagna.
Quel ritratto dice di un momento spensierato e lascia immaginare di una giornata diversa dalla routine, per chi è disposto a entrare con il pensiero in quella dinamica.
La cura dei più minuziosi particolari. Ecco di cos’erano capaci gli artigiani di un tempo!

Distribuiti qua e là ci sono anche modellini di auto a cui non si può restare insensibili,
come uno squalo in grigio metallizzato (Citroen Ds) che è sempre più raro trovare nella sua dimensione reale sulle nostre strade. Ebbene Franco ha trovato anche l’originale!


“Ora è in fase di restauro. – racconta – Voglio che sia nelle condizioni di viaggiare ovunque.  È l’auto che mi rappresenta”.
Tanti anni fa, chi approdava all’isola di Pantelleria,  in zona porto si imbatteva in un’insegna sopra una vetrina che recitava così “Santoro Pietro, dalla sardina all’aereo”.
Ecco, Franco l’aereo (della giostra) ce l’ha e al posto della sardina ha lo squalo!
Non riusciamo a immaginare quale sarà la sua prossima trovata ma di una cosa siamo certi: non tarderà a farla saltare fuori. Perché chi è predisposto, o ben disposto, attrae!

Simona Vitali

 

 

 

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RIPARTIAMO DAL BIANCO

15 marzo 2020

Lei fa così: si focalizza su un oggetto del quotidiano che sta utilizzando o che ha sott’occhio, lo ingloba nella sua fantasia e lo “ripropone” associato a una delle sue Angeline, espressive personaggine con gli occhioni verdi da fiaba, accompagnando ciascuna composizione con un pensiero.

Le ha preso quest’abitudine da quando, 10 anni fa, da un giorno all’altro ha perso il lavoro. Disegnava intimo per un’azienda tessile, quando un fallimento repentino e traumatico  si è materializzato con la fuga del titolare e la cassa integrazione per ben 100 donne, lei compresa.
Così, mentre iniziava una sporadica collaborazione con un’azienda di collant di Faenza, ha raccolto le riviste di moda acquistate, ritagliando via via gli accessori delle collezioni (le scarpe, le collane, i cappelli, le borsette…) e le faceva indossare a una piccola sagoma di donna da lei disegnata, che rappresentava se stessa.


Il disegno era sempre stato la  grande passione di Angela Zini, sin da quando era piccina. Per ore e ore ci si dedicava con quella manina, la sinistra, che la rigidità dell’anziana maestra avrebbe voluto legare mentre i genitori, la mamma insegnante di educazione artistica e il papà ingegnere elettronico e grande mente umanista, hanno assecondato, restituendole quella fiducia che l’avrebbe sostenuta negli anni a venire. Finché non è diventata illustratrice.

Per qualche tempo, dopo quel terremoto nella sua vita lavorativa, Angela ha continuato a disegnare le sue Angeline, che esprimevano la parte più autoironica e positiva della sua persona, per il piacere di dargli vita, rappresentando  quello che le accadeva e affidando loro messaggi che intendeva rivolgere a se stessa.


Splendide, perché assai significative, le Angeline che figurano “L’equilibrista professionista”, ma anche “Staccare le spina” dove il filo di un caricabatterie telefonico è collegato alla testa di Angelina, “La coperta” attraverso cui Angelina realizza la propria vita e aspetta, “Sull’arte culinaria”, che vede  l’Angelina alle prese con le sue ricette…. per citarne alcune.


Questo finché, timidamente, non si è affacciato il pensiero che questa passione potesse diventare il suo nuovo lavoro. Ecco che è ricomparsa, fondamentale, la figura del papà: “con le potenzialità che hai – l’ha esortata- perché non reinventarti in quel modo!”.
“All’inizio mi sentivo in colpa -racconta Angela – mi dicevo che in quel modo probabilmente non avrei portato un gran contributo alla mia famiglia (avevo giè una bimba), d’altro lato però mi incoraggiava il fatto che molte donne si fossero dovute ricreare. Era come se dicessi a me stessa “da un fallimento non mio adesso rinasco io!”. Qui però non si trattava di assecondare la mia vena artistica quando aveva voglia di esprimersi, ma di trovare sistematicamente modalità e canali che mi consentissero di creare una continuità al lavoro a cui stavo cercando di dare forma.

Complice un nido, uno studio di particolare atmosfera che mio padre aveva pensato di ricavare da una  originale struttura, dietro casa, realizzata dal mio nonno materno, ho trovato il mio luogo di lavoro, distinto da casa mia. Quindi ho pensato di diversificare non limitandomi ai disegni ma introducendo oggetti di utilizzo quotidiano – poco costosi – su cui trasporli, quegli stessi disegni realizzati in acrilico su tela o acquerello su carta. Ecco che ho iniziato, con vari esperimenti, a realizzare borse e borsette in pvc fatte stampare da un’azienda veneta e da me assemblate, buste e bustine da viaggio sempre in pvc, ciondoli e orecchini, appendi-collane sagomate in legno, spazzole per i capelli, mug, magneti, biglietti e chi più ne ha più ne metta! Ogni occasione era buona per allungare il menù!”


Da fine osservatrice e pennarello felice quale è, ad Angela basta avere in mano una biro, una matita o un colore che è un attimo immortalare il simbolo del momento e pure costruirci la sua morale!
Mattoncino su mattoncino ha cercato di dare solidità a quel lavoro da libera professionista, a partire dai mercatini , per farsi conoscere, poi introducendo piccoli progetti che delineassero un senso di continuità, come quello del calendario – ogni anno un tema diverso – che realizza in collaborazione con la sorella Francesca, grafica, con cui lavora anche ad altri progetti per aziende clienti.


Ormai c’è attesa, dopo sette anni quei calendari vengono prenotati in anticipo, sono tanti quelli che li stanno collezionando,e pure si circondano degli oggetti di Angela, come un’infermiera sua conoscente che si muove fra le case di Lugo di Romagna e dintorni le ha raccontato “Ti ritrovo in diverse case, Angela!”. Un tuffo al cuore per lei!
Ci sono poi le mostre. Non avendo la fortuna, come in altre città, di avere gruppi di artisti locali che diano vita ad iniziative, Angela ha imparato a organizzarsi da sola, nella ricerca della location più adatta e nella costruzione del suo piccolo evento, in cui dare spazio non solo alle sue opere ma anche a musica e performance artistiche di altri, a tema.


Era tutto pronto per quel momento tanto atteso, lo ha raccontato qualche giorno fa, precisamente il 6 marzo, nel suo profilo Facebook:
“Questa sera avrei dovuto inaugurare la mia mostra a Bagnara. Mi è stato detto che non è niente di che il fatto che sia stata annullata ma sinceramente per me è una vera sconfitta. Ho lavorato tanto in questi mesi in vista di questo evento e da piccola “libera professionista” in questi giorni sto perdendo tanto… ma non mi lamento, siamo tutti e tutte sulla stessa barca! Basta la salute!”
Fin qui purtroppo argomento in comune con tante altre persone che,in questi giorni infausti, hanno visto arrestarsi il proprio lavoro, motivo di sopravvivenza.


Ma è il prosieguo di quella mail ad avermi colpito: “Allora ho deciso di fare una cosa… dato che so solo disegnare, ho preparato alcune immagini che vi regalo volentieri… a tutte voi donne ma anche agli uomini giusto da utilizzare per augurare ed augurarvi “Buona festa della Donna!” Stampatele, postatele, taggatevi… fate quello che volete, sono per voi”. E così in quell’8 marzo inusuale c’è chi ha apprezzato e molto il gesto, facendo proprie quelle gioiose “Angeline” fra le mimose (4 diverse, una per ogni gusto) e utilizzandole per i propri auguri.
“Ad Angela Zini, all’8 marzo, alle piccole o grandi rinunce che ognuno di noi sta facendo”  sempre su Facebook Giorgio Pozzi, l’editore con cui Angela ha collaborato, si esprime così nel reindirizzarle proprio una delle sue Angeline fra la mimosa.
Le piccole e grandi rinunce, quelle a cui ciascuno di noi è dolorosamente chiamato in questo periodo…

E, soltanto cinque giorni dopo, l’11 marzo, con l’inasprirsi repentino della situazione generale in cui ci ha gettato l’incubo del coronavirus,  e lo sconforto, la paura che ha preso il sopravvento in molte, troppe persone, è arrivata anche la decisione di Angela di pubblicare un disegno al giorno (Disegnino in giardino, in cui i personaggi interagiscono con i fiori, compagni di quarantena di chi abbia la fortuna di avere un giardino intorno a casa). Numerato. Finché questo momento buio non sarà passato.


Sì perché lei è un’ illustratrice con una visione positiva della vita, questo sa fare (e anche molto bene), e questo mette a disposizione in un momento in cui possiamo scegliere se chiuderci a riccio o esserci, ciascuno con i propri mezzi, a distrarre e sollevare un pochino anche gli altri.


Nel corso dell’ultimo anno accanto alle Angeline sono comparsi ritratti di donna più realistici, con forti tratti espressivi: sembrano parlare. Angela ha preso a fare ritratti di singoli ma anche di intere famiglie che poi vengono declinati nei tanti oggetti scelti. Le Angeline però, con la loro autoironia, rimangono le personagge preferite dalla gente: più fiabesche, a tratti buffe nel loro essere alle prese con i guai quotidiani.


Ad Angela rubiamo un messaggio di grande significato, tra i più belli del suo profilo Facebook.
L’ha scritto il 31 dicembre 2019, l’ultimo giorno dell’anno, quello in cui si fanno le buone intenzioni e si formulano auguri più impegnati, per se stessi e per gli altri:
“Auguro a tutti di ripartire dal bianco”.
E poi spiega il perché, facendo suo il passaggio di un libro, PERDITE, scritto da suo padre Roberto Zini:
“Nero è il colore delle cose perdute. Bianco è il nostro colore, di noi che non ci siamo arresi. Noi ricominciamo dal bianco. Lo cancelleremo con pennelli e colori, per ritrovare un giorno ciò che abbiamo perduto”…
O scoprire, aggiungiamo noi, che qualcosa di quel che stiamo perdendo in questo periodo lascerà spazio a un modo di vivere nuovo, diverso. Magari migliore.

 

Simona Vitali

 

 

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LA LIBERTÀ NELL’ANIMA

3 maggio 2019

A volte sono le fotografie ad essere rivelatrici di belle storie.
Dico la verità, in questo caso la mia illuminazione è partita da qui.
Sono certa che potrei pubblicare soltanto una carrellata di foto perché possiate voi stessi capire.
E invece no, la racconto anche con le parole questa storia di libertà, libertà ovunque e in qualunque condizione ci si trovi.
E lo faccio proprio adesso che abbiamo sperimentato due mesi di privazioni non piccole, che per molti di noi sono sembrati come una galera.


Lo scenario è una casa colonica con persiane in legno verdi, che così bene si sposano con il sasso della struttura, immersa nella campagna di Savignano sul Panaro, con cinque ettari di terreno intorno, un cedro secolare a dare il benvenuto a chi entra dal grande cancello in ferro battuto, tre ippocastani e una quercia gigante in mezzo al campo.

Folgorazione
A rivitalizzare tutto questo una vulcanica e raggiante donna, Giorgia Poggioli, che nel transitare sette anni fa lì davanti è rimasta folgorata da quella casa, in stato di abbandono da tempo, con l’erba alta intorno. In quell’occasione alcuni particolari di grande bellezza, a partire da quel verde bottiglia delle persiane che le dava tanto carattere e i grandi alberi intorno, l’hanno rapita fino a farla fermare.
E’ bastato uno scambio di battute con la signora della casa di fronte per avere il contatto del geometra che aveva in gestione la casa.  E non è trascorso un giorno che Giorgia aveva già la chiave in mano per entrarci.


Una chiave gigante di quelle antiche, che faceva pensare a un castello. Giorgia racconta che varcando la soglia ha sentito subito una bella energia che l’abbracciava in quegli interni ben conservati, con il pavimento originale di cotto un po’ sconnesso, il grande camino che un tempo si usava per cucinare e scaldarsi e anche due altri camini secondari dislocati sempre nel piano inferiore. E che dire di quelle finestre – anche due per stanza – che guardavano alle colline e, più lontano, al monte Cimone, innevato quasi tutto l’anno, ma prim’ancora che si affacciavano sul giardino e i campi intorno seminati a girasole.
Qualche piccolo intervento, una rinfrescata delle stanze e quella è diventata la dimora fissa e non la casa di campagna di Giorgia, a fare da contraltare a quell’immensa vitalità e molteplicità di interessi che le ha sempre fatto mordere la vita a bocconi, senza risparmiarsi tanto nell’impegno lavorativo quanto nel tempo libero.
Quella casa si è connotata come il suo nido, il luogo che, poco per volta, ha reso così simile a se stessa, con locchio rivolto verso il bello, a cui è molto sensibile, e la creatività nel dare valore con poco agli ambienti, rivitalizzando vecchi oggetti o creandone dei nuovi. Piccoli tocchi in grado di caratterizzare ancora di più quell’ambiente originale, giocando con il minimalismo ma soprattutto con i contrasti.

La personalizzazione della grande casa colonica
Così alle inferriate delle finestre del piano terra e, in realtà, in diversi angoli della casa, hanno iniziato a comparire gocce di cristallo dei vecchi lampadari; alle finestre delle camere tende di raso doppio o tulle sovrapposti da copriletto in pizzo bianco, cornici trovate nei mercatini e poi dipinte rigorosamente di bianco, a rivestire la parete d’ingresso, bianco su bianco, che fa da sfondo a uno strepitoso Mondo, il gioco che tutti abbiamo conosciuto da bambini. Disegnato non con i gessetti ma con la vernice sulle mattonelle di cotto!
Chi entra, se vuole, può farci due salti, ricordando così la sua infanzia” così Giorgia spiega questa piccola stravaganza.


Disseminate nella casa si trovano damigiane di vetro bianco con dentro le lucine di Natale, accese tutto l’anno perché sia sempre Natale, il momento più bello dell’anno. Il richiamo alle cose del passato è sempre stato molto forte in lei, che non ha mai perso occasione per visitare  mercatini di cose vecchie alla caccia di setacci che utilizza in tanti modi, oggetti in rame (non quelli da appendere però), catini di zinco, alzatine in ceramica bianca o vetro, portacandele in porcellana


“Dico la verità – spiega – mi sembra di ridare vita a queste cose in un certo senso abbandonate.
A volte le compro proprio per questo motivo. E’ mia abitudine non buttare mai via niente, tutto prima o poi mi può servire. A questo proposito ho una stanza dedicata dove accatasto tutto, la chiamo ‘stanza del casino’. In realtà in molti casi contiene la risposta a ciò che sto cercando!”

Cambiamenti
Nell’arco di un anno, da quando Giorgia ha messo mano alla casa, nella sua vita è arrivato Abdelhak, e poi ha fatto capolino il piccolo Gringoire (Greg), e la quotidianità ha preso un altro sapore e un altro taglio ancora. Giorgia, che nel frattempo aveva lasciato un lavoro che non faceva più per lei, si è reinventata.
“Io non ho paura del cambiamento” lo dice con molta naturalezza e porta anche diversi esempi a questo proposito. Così ha pensato di trasformare la sua grande passione per il buon cibo, che per lei è necessariamente espressione d’amore non fine a sé stesso, in impegno.


In quella dimensione spaziosa in cui stava crescendo il suo piccolo ha trovato modo di dare vita a una nuova avventura, Gioielli di pasta,  uno spazio dove realizzare tortellini, tortelloni di ricotta e mascarpone, passatelli, tagliatelle e, perché no, ancora una volta sbizzarrirsi nello sperimentare anche una sfoglia più creativa, impastata con le erbe (menta, timo, lavanda).


Attraverso un percorso di affinamento non ha tardato a mettere a punto il giusto ripieno per i tortellini (con lombo, buona mortadella, Parmigiano Reggiano grattugiato a mano, prosciutto, sale e niente uova) realizzati a regola d’arte, uno uguale all’altro.
Curioso il suo tavolo di lavoro, rivestito di un vecchio lenzuolo bianco sovrastato da una tovaglia di pizzo, con la grande spianatoia, la macchina per tirare la pasta, nella stanza più luminosa di tutta la casa. Perché anche durante il lavoro ci sia la piacevolezza di certi piccoli curati particolari.

Il piccolo Greg
Greg, quattro anni e due occhi grandi di vivace intelligenza, sta crescendo poliglotta. La mamma racconta che sta conoscendo tre lingue (l’italiano con lei,  il francese con la zia e capisce il papà che gli parla in arabo), frequenta la scuola materna dove ha i suoi amichetti e gli piace proprio fare, quando è possibile, la sua bella colazione al bar dove è diventato la mascotte ma anche andare a pranzo o cena fuori. Ci ha già preso gusto.


Quando torna a casa però si perde nel suo mondo, sollecitato dai mille stimoli che la terra, la natura, gli offrono.
Così non è improbabile trovarlo intento a scavare nel campo per scovare i semi di girasole da seminare nei vasi, rastrellare come un vero ometto il prato dove sta giocando,


aiutare la mamma a riempire la cariola di rametti da portare in casa per accendere il grande fuoco. Inventare giochi con i suoi peluche che dissemina per il giardino,

provare a imitare il gioco della pesca dei cigni, come al Luna Park, con i suoi animaletti di gomma.


Sta imparando i nomi di tutte le piantine e anche di insetti e animali, grazie anche alla app che la mamma ha scaricato. Sa riconoscere la coda cavallina che non è ancora sbucata bene.


Sa distinguere una scutigera da un millepiedi, che sono sì parenti ma non la stessa cosa.


Quando piove gli piace tantissimo ballare nelle pozzanghere.
Poi ha improvvisi slanci di affetto. È  capace di arrivare in casa con un mazzo di fiori di campo per la mamma o di portarle a salutare Pollo, il suo pennuto preferito, tenendolo in spalla come un bambino.


Ordinarie scene di vita quotidiana per loro, un po’ meno ordinarie per gli altri:
“Le mie amiche dicono che abitiamo nella prateria e in generale chi viene a casa nostra ci sta bene, lo vive come un luogo di pace e ogni volta si incuriosisce delle novità che trova. Di fatto non vivo altro che in campagna con terra, animali, e per la mia gioia, sono stimolata a ingegnarmi più che posso” osserva Giorgia.


Greg e le cocche
“In questo momento abbiamo sei cocche, un gallo e un pollo – racconta Giorgia-
I più socievoli sono: Bruna che fa le uova verdi, Olga marroni, Miss bianche, poi c’è Cacao il gallo e Pollo il pollo! Alle altre tre galline, che tendono a stare un po’ sulle loro, non abbiamo dato il nome!”
Ecco, questa combriccola è la vera passione di Greg: la gestisce con una naturalezza e confidenza che va visto. Le fa uscire dal pollaio, da loro un biscottino prima di andare alla scuola materna, ci scorrazza in mezzo, organizza spedizioni con loro al seguito.


Ogni tanto ne afferra una e se la strapazza tutta amorevolmente. Loro sono abituate, anche questo momento di socialità fa parte del loro quotidiano, ormai. Anche perché sperano sempre in un biscottino!
Con Pollo poi fa vere e proprie scorribande. L’altro giorno che era piovuto e i campi erano infangati, correva con lui sotto il braccio… non ti dico in che condizioni è arrivato in casa! – continua Giorgia – E pensare che l’avevamo preso come animale da richiamo per la volpe! In realtà la volpe ogni tanto miete la sua strage, quindi lui non sortisce alcuna funzione, ma almeno si è salvato la pelle!
Ogni domenica andiamo al mercato degli animali di Spilamberto e quasi sempre arriviamo a casa con un nuovo inquilino…vuoi una gallina, un coniglio, una testuggine… Abbiamo provato anche con le anatre ma spariscono, volano via.

Adoriamo tutti gli animali, persino le lumache, e ce ne sono tante: quando muoiono e rimangono i gusci vuoti li raccogliamo e li mettiamo nei vasetti o in ciotole di ceramica o di vetro, disseminati in casa e in giardino. Non possiamo buttarli via anche se non ci sono più. Sono troppo belli i loro gusci”.

La fuga al mare appena possibile, in tutte le stagioni
“Appena ci è possibile cioè molto spesso, – prosegue Giorgia – e questo in tutto l’arco dell’anno, ci regaliamo un giorno al mare. Andiam o a respirare lo iodio e raccogliere quantità di rametti, conchiglie, sassolini che poi a casa utilizziamo per fare collane, tende, o semplicemente per adornare i vasetti di piante grasse, come questa zamponiera sugli scalini all’ingresso della casa. Il richiamo del mare è sempre stato molto forte per me, sarà per quel senso di libertà che ti restituisce anche solo perderti con lo sguardo nell’orizzonte”.

La quarantena
“Da quando anche per noi è iniziata la quarantena – prosegue Giorgia – abbiamo battuto in ritirata, come tutti, nella nostra casa.


Io ho colto questo momento con una grande gioia bambina, una sorta di smania, perché avrei potuto godere il mio piccolo nell’età più bella, che non tornerà più. Abbiamo avuto, e tuttora abbiamo, le mani impastate tutto il giorno di terra, di colla o di pasta!


Ho indirizzato le mie energie diversamente; ho fatto più cose creative, di manualità, con mio figlio. Anche prima le facevo ma non con così tanta attenzione. Ci tengo a precisare che in casa mia, per scelta, non c’è una tv per ammazzare il tempo!
In questo periodo di “fermo” ho capito una cosa importante: che se stai a casa non spendi, tolta la spesa alimentare. Non usi l’auto e quindi niente benzina, ti vesti con quel che hai, non ci dai sotto con consumazioni esterne come colazioni, pranzi o cene. Se vai in giro invece inevitabilmente spendi il triplo”.

Le foto, che passione!
Adora fare foto Giorgia. Non dispone di macchine professionali ma utilizza soltanto un buon i-phone. Lei coglie attimi, anzi sequenze di attimi, in cui il suo Greg compare spesso come protagonista, ma è anche la natura che cambia intorno a lei a ispirarla, o quello scorcio, quell’angolatura della casa mai visti così prima.


E pure i piccolissimi particolari: le uova colorate delle cocche appena raccolte, montagne di tortellini, la pasta tirata a strisce lunghissime illuminata dal sole, la piccola cornice bianca a muro con il ciondolo a cuore, le mini tende a uncinetto da cui la gallina Miss fa capolino, un cavallo a dondolo peloso in mezzo al prato, i picnic sull’erba che alterna a pranzi e cene in punti diversi della casa…i  catering che organizza, a questi si dedica con maestria da anni, preoccupandosi da sola di ogni aspetto.


Predilige i buffet perché sostiene che siano più socializzanti – “se la gente resta in piedi si conosce con più facilità” – dice. Ha molto materiale per allestire i tavoli e anche per caratterizzare gli ambienti. Ma soprattutto il gusto del bello le appartiene.


Sappiamo bene, non si sa in quale percentuale ma comunque bassa, che ogni tanto nascono forze della natura. Eccone una certamente. Il suo segreto? E’ libera dentro, condizione per stare bene in ogni dove, perché a lei il cambiamento non solo non fa paura ma la stimola a esprimersi in tutta la sua esuberante ed esplosiva ecletticità!

Simona Vitali

 

 

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COME IN UN FILM

26 febbraio 2018

“Quando si varca questo cancello si è tutti nudi”. Sembra una provocazione il monito che è solito dare Giampaolo Baroni, per tutti il Maestro, quando ci si approssima a trascorrere una serata da lui, nel suo mondo che, è il caso di dirlo, ha predisposto con tanto acume, estro e non meno cura. Una sorta di set cinematografico in cui ciascuno spogliarsi dei propri ruoli, delle proprie stellette sociali, per essere una volta tanto tutti alla pari, come di fatto si nasce. Quanto a pensieri e problemi, compagni di viaggio, quelli subiscono una battuta d’arresto, una sorta di congelamento nel momento stesso in cui si varca la porta di ingresso. Infatti è tale lo stupore che prende nel calarsi in quella dimensione altra, rispetto a quella da cui si arriva, che si è solo concentrati sul qui e ora, sul guardarsi intorno, come a non volersi  fare scappare nessun particolare.


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LEGGERE UN OROLOGIO SENZA TEMPO

11 febbraio 2018

In tanti sanno che l’avvento del calendario gregoriano, voluto da Papa Gregorio XIII nel 1582, cancellò dieci interi giorni dalla vita delle persone passando dal 4 al 15 ottobre per rimettere a posto l’orologio. In pochi però sappiamo come il tempo convenzionale che conosciamo adesso sia ben diverso da quello in essere fino al 31 ottobre 1893, quando anche l’Italia aderì al trattato internazionale dei fusi orari e spinse in avanti le lancette di 10 minuti per adeguare l’ora di Roma a quella dell’Europa Centrale.
Prima di allora il tempo aveva una scansione dettata dagli orologi solari, che determinava il ritmo del lavoro e della vita delle persone.

Orologio solare a Courgné (TO)


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IO CONOSCO LA MIA DONNA!

4 febbraio 2018

È una Napoli millecolori quella che si riflette intorno a Spaccanapoli, nelle vie stipate di turisti, trascinati dal  serpentone di gente che avanza e intenti ad evitare quegli  scooter che si incuneano a zig zag. Questo senza volersi perdere neanche uno dei tanti negozietti di souvenir che si affacciano sul passaggio, dove sopra a tutto spiccano cornetti rosso fiammante, di diversa fattezza e dimensione. E in effetti sono molto gettonati. Chi non ne fa incetta per distribuirne a familiari e amici al rientro a casa?
Tolti i baretti e le cuopperie, le vetrine si assomigliano un po’ tutte, se non altro per la tipologia degli oggetti che propongono. In questo bazar a cielo a aperto a catturare la nostra attenzione è un tavolino adibito a banchetto da lavoro, davanti alla vetrina di una gioielleria.


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CON ALTRI OCCHI

29 novembre 2017

Avere un telecomando fra le mani e poter alzar in volo il modellino di un aeroplano. Chi di noi non è cresciuto provando l’ebbrezza di orientare su nel cielo la direzione di un piccolo velivolo giocattolo, creando rotte e contro-rotte nello spazio libero che gravita sopra la propria testa, fino a dove arriva lo sguardo?
E quando il giocattolo fa uno scatto avanti  e diventa esso stesso occhio che dall’alto registra ciò che vede  in basso, è lì che il “gioco” diventa cosa seria, strumento per girare una diretta sulla terra, dal cielo, come a immedesimarsi in un’ampia planata di un gabbiano.


È la riflessione che emerge con Fabio Abatantuono, che di lavoro racconta, e lo fa non con la penna ma per immagini: “credo di saper raccontare di più con le immagini, che non con lo scritto, una sceneggiatura”, in sostanza è, come si dice, innanzitutto  un direttore della fotografia (ma anche produttore).
Siamo in una splendida vallata e lo osservo alle prese con un drone di dimensioni importanti ( ben 3 kg) che sta  riprendendo  immagini mozzafiato, riportate sul display del telecomando.


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L’ALTRA FACCIA DELLA ZUCCA

29 ottobre 2017
gioco di luce della lampada di zucca

Ci sono oggetti nel nostro destino che sembrano volerci dare indicazioni o fungere da promemoria, in certi momenti inaspettati della vita.
A Cristiano Paccagnani è accaduto proprio così quando, in una casa in ristrutturazione, ha trovato fra i calcinacci una piccola zucca, come lui aveva in mente. “Mi piace pensare che lei abbia trovato me” ci racconta Cristiano mentre corre col pensiero a quel viaggio in moto con gli amici, destinazione Turchia.

“Era l’inizio degli anni ’90 -ricorda- e dopo aver attraversato diversi Paesi siamo entrati in terra turca. Nel nostro girovagare tra Bodrum e Izmir, mi ha colpito il concentrato di micro-imprese, che producevano e vendevano lampade realizzate con la zucca dalla colorazione molto forte per noi: viola, oro, argento e perle colorate. Dico la verità, ne sono rimasto affascinato e ne avrei portata a casa una volentieri ma sulla moto non potevo caricarla! Questa scoperta ha innescato in me il desiderio di cimentarmi a mia volta e in un qualche modo mi è rimasta dentro nel tempo”. Rientrato a casa, Cristiano di fatto non ha mai trovato né il tempo né il modo cioè non si è presentata l’occasione giusta per sperimentare questa tecnica.

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Educazione Artistica

VOCE ALLE ANIME SENZA VOCE

4 settembre 2017

L’arte può urlare più forte delle parole, è quanto ci siamo detti nel trovarci impreparati ma ricettivi dentro un percorso costellato di dipinti, sculture e installazioni, capace di inchiodare qualunque visitatore distratto o troppo scanzonato.
Quel sabato mattina abbiamo deciso di trascorrerlo a Cervia, vagando piacevolmente fra il canale della Salina e i Magazzini del sale, un’area di quiete ricca di un’atmosfera unica.


Nel passeggiare la nostra attenzione è stata calamitata a distanza da un pattino di salvataggio da spiaggia carico di coloratissimi giocattoli e peluche, posizionato a lato della porta di ingresso dei Magazzini del sale “Darsena”. E questa porta era aperta: un invito ad entrare. Intorno a noi quadri dislocati lungo le pareti ma anche sculture. Buca lo sguardo il quadro di Sabrina Casadei che ritrae una bimba rannicchiata a terra con la testa fra le ginocchia, indosso un vestitino scuro a fiorellini, accanto uno sgargiante peluche rosso e nella penombra la sagoma indefinita di un uomo.
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Educazione Artistica

NON SI TRATTA DI SEMPLICITÀ, MA DI EMOZIONE

16 luglio 2017

A Matera ci sono mille angoli di bellezza che il centro storico sa offrire, sinonimo di come l’Italia, anche nei luoghi che fino a pochi decenni fa erano considerati degradanti come il sistema dei Sassi, sappia in realtà dimostrare la forza del bello, nelle sue infinite varianti tipicamente italiane.
I Sassi, in verità, avevano anche allora, quando erano abitati, una loro particolare forma di bellezza: quella dell’aggregazione, di cui ancor oggi si percepiscono le tracce nel tessuto urbano e nelle 160 chiese rupestri che ne definiscono il passato.
Ci sono persone fuori dagli schemi in questa città, abitanti che sprizzano gentilezza da tutti i pori e altre che la trasformano in una scelta di vita. Uno di questi è Enrico Filippucci, da Spoleto.

enrico filippucci
Di professione fa il direttore artistico e lo fa talmente bene che, lo confesso, non mi era mai capitato di entrare in una galleria d’arte e trovare ogni opera bella, coinvolgente, emozionante. L’arte, è risaputo, è quanto di più soggettivo possa esistere: un dipinto, una scultura, una installazione piace o non piace, indipendentemente dal giudizio del critico che ne illustra il significato.
In Opera arte & arti, ribadendo la soggettività del giudizio, non c’è nulla fuori posto: la competenza, mista a passione totale, con cui Enrico Filippucci sceglie i suoi artisti è l’esempio di come l’arte può essere un concetto accessibile a tutti.

opera arte e arti
Non si tratta di semplicità, ma di emozione; la si percepisce passando davanti alle vetrine della galleria, invitanti e colorate a tal punto che non varcare la soglia è impossibile. All’interno, nel piccolo spazio, si è accolti con serenità, anche se il direttore sa capire subito il grado di interesse o meno del visitatore verso l’acquisto.
“Sono arrivato a Matera grazie a mio padre che si è occupato per tutta la vita di restauri monumentali. – racconta Enrico Filippucci – Una volta giunto in questa città ha comprato casa nella parte alta dei Sassi. Io organizzavo grandi eventi in giro per l’Italia, come le mostre di De Chirico, Boetti, Rotella e tanti altri. L’apertura di questa galleria è avvenuta una decina d’anni fa e, da subito, mi sono orientato verso la scoperta di artisti giovani, spinto da un criterio prevalente: la sintonia”.

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La galleria di Matera, concepita come un allestimento museale ma al contempo ricca di innovazione e freschezza di lettura, si integra con Spazio Opera in via Duomo, sempre nel centro storico, e con quella aperta da Filippucci nella sua città natale, Spoleto, negli anni ’90 all’interno di un palazzo cinquecentesco.
“A Spoleto abbiamo anche un’azienda agricola dove produciamo vino, olio e aceto balsamico nel suo metodo tradizionale. – prosegue Enrico Filippucci – Anche questo è un percorso scandito da una particolare forma di bellezza: quella del paesaggio e della biodiversità di cui l’Italia tutta è un esempio perfetto”.
Tornando alle persone fuori dagli schemi, Enrico ci racconta di Alejandro Pereira, un’artista argentino che a Matera ha scelto di viverci, con tutta la famiglia: “Come ho visto le sue opere le ho trasferite in galleria. Le persone restano affascinate dalla sua tecnica e ora le sue creazioni sono in importanti collezioni internazionali”.

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Alejandro Pereira è uno degli artisti che ha generato la consapevolezza di essere in un luogo dove bellezza, stupore ed emozione si fondono. Le sue opere sono di grande formato, composte da minuscoli tasselli che a mo’ di mosaico ricostruiscono cartelloni cinematografici, volti di attrici e attori, scene di film.
“La tecnica è quella del Papier collè, in cui  frammenti di vecchie riviste e giornali provenienti da ogni parte del mondo vengono utilizzati per comporre le sue opere” spiega il direttore artistico di Opera arte & arti, mostrandoci anche una delle ultime, dove l’artista ha assemblato oltre diecimila minuscoli francobolli comprati da un rigattiere.
La rappresentazione della città dei Sassi è invece il fil rouge che accompagna la produzione di un altro artista esposto in galleria: Michele Volpicella.

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“La sua visione di Matera è un’autentica calamita per le persone che entrano in galleria” racconta Enrico Filippucci.
Quella di Volpicella è una spiccata sensibilità cromatica che trasferisce in una lettura del paesaggio urbano tra il reale e l’onirico, ma sempre corrispondente alla bellezza che emana questa città. Oltre ai dipinti e alle litografie Michele Volpicella si è prodotto in un divertissement, costruendo una Matera con i mattoncini del Lego. Il risultato? Essere chiamato a Billund, in Danimarca, nella sede del gruppo, per una personale.
“Dove andate a cena?” ci chiede Filippo al termine della visita.
“Da un amico cuoco che non vedo da un po’ di tempo: Leonardo Lacatena”.
“Allora troverete una sorpresa!”

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Le opere degli artisti di Filippucci appese alle pareti del ristorante, che cambiano periodicamente come a significare che la bellezza è senza soluzione di continuità.

Luigi Franchi
luigifranchi@solobellestorie.it

Opera arte & arti Galleria d’Arte
Via Ridola, 4
Matera
Tel. +39 0835 256473
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