Ci sono dettagli che ti portano ad immaginare che, varcata la soglia della libreria, troverai di certo qualcosa di buono da leggere. Se poi, da quei dettagli, senti che c’è anche qualcosa di bello da raccontare allora il tempo cambia il suo ritmo, ti attardi davanti ad un oggetto oppure ad una copertina, come in questo caso, perché senti che si può andare oltre al piacere individuale che ti danno buone pagine da leggere; senti che qui c’è qualcosa da condividere.
Pagina 27 è il nome che Stephanie ha scelto per la sua piccola libreria a Cesenatico, dove non c’è un titolo da vetrina, non c’è una strenna, non ci sono sconti promozioni al 25% per invogliare il lettore all’acquisto.
“Se avete bisogno sono qui: altrimenti vi ignoro con amore”. Un’affermazione che apre il libro della curiosità e dal racconto che sta dietro al libro che ho in mano – Breve trattato sulle coincidenze di Domenico Dara – si arriva a parlare di questa libreria che “non c’è scritto da nessuna parte che è indipendente, va da sé” commenta Stephanie.
I libri sugli scaffali sono stati letti da lei, prima di essere messi in vista. Gli scaffali sono stati fatti da lei, prima di accogliere le pagine. Gli oggetti, tanti e diversi tra loro, sono stati scelti da lei o li ha ricevuti in regalo dai clienti, dagli amici, dai passanti occasionali.
Si, perché ancor prima che questi locali, antistanti alla piazzetta delle erbe di Cesenatico, diventassero libreria, erano già stati eletti a circolo di parole, a luogo di incontro: “Mentre eravamo qui dentro a ridipingere le pareti, scartavetrare gli scaffali, la porta è sempre rimasta aperta e, giorno dopo giorno, entrava qualcuno a curiosare, a chiedere cosa sarebbe diventato questo posto. Poco alla volta avevamo già il nostro piccolo pubblico di lettori e di amici” racconta Stephanie.
Accadeva quattro anni fa, dopo una precedente esperienza in una storica libreria di Cesenatico, oggi chiusa, dove Stephanie lavorava, e con lei sua mamma. La scelta di continuare da sole è venuta dall’incontro con un amico neozelandese che gestiva un bar di successo a pochi passi.
“Ero sconfortata, preoccupata per il futuro e lui (che oggi fa il docente universitario di economia nel suo paese, dopo aver portato a termine l’esperienza a Cesenatico) mi disse che noi italiani ragioniamo male perché pensiamo solo ai soldi per poter fare e non al sogno di fare. Mi aiutò a preparare un business-plan solido e credibile da cui ottenni il finanziamento”.
Ed eccola qui, con questo numero magico – il 27 – che scandisce il nome della libreria; “Ora è in restauro, ma su quel muro – mi indica Stephanie – chiunque voleva ha lasciato un pensiero di cosa significa per lui 27. Partendo magari dal fatto che era giorno di paga, oppure che è un numero fortunato per il commercio tanto per gli ebrei quanto per i cinesi. Mentre per me poteva voler dire ritrovarlo, come per magia, in almeno cinque libri importanti letti nel periodo di apertura. Oppure, chissà, che una di noi due non sia nata il 27. Chissà…”
Chi è l’altra? Ronnie, la mamma, ma nulla c’entra la parentela con la gestione; “Semplicemente abbiamo lavorato insieme per dieci anni e ci siamo ritrovate qui. Con ruoli diversi, ma fortemente complementari, dove la regola è seguire ciò che sai far meglio. Con lettori diversi…”
Già, i lettori, quello strano miscuglio di persone che, in Italia, sono considerati una rarità, stando alle statistiche, eppure qui ci sono, ognuno con i suoi bisogni ma tutti con una storia.
“Le persone ti raccontano e queste, in molti casi, sono le storie più belle, a volte più dei libri. Chi entra qui non mi troverà mai insistente, gli ignoro con amore, ma ci sono. – confida Stephanie – Ci sono perché sono convinta che scegliere da sé un libro non sempre sia il meglio. Mi basta osservare un loro sorriso, ascoltare un loro sospiro davanti ad una copertina o mentre sfogliano le pagine, per capire cosa si cela dietro. E allora parlo con loro, li accompagno nella scelta che in quel momento può cambiare uno stato d’animo”.
A volte, racconta, “arrivano persone che esordiscono con: mi hanno detto che tu sai dirmi cosa devo leggere per…”, ma Stephanie ha una regola: il libro si sceglie quando davvero lo vuoi leggere e non per compulsività.
“Ho una black-list di lettori compulsivi che rimando indietro – sorride – o meglio li tengo qui a chiacchierare ma non vendo loro i due, tre, quattro libri che vogliono acquistare fino a quando non hanno letto i precedenti”.
Mi viene da pensare che Stephanie sia quasi gelosa dei libri che espone, ma lei mi risponde con fermezza di no “perché è talmente tanto il piacere di sfamare chi vuol leggere che, più volte, mi è capitato di vendere l’unica copia di un libro che magari stavo leggendo io e mi mancavano le dieci pagine finali. Una volta ho addirittura chiamato l’autore per farmele leggere”.
Appare evidente la meticolosità con cui Stephanie sceglie i libri per la sua libreria; una rigorosa selezione che parte dal catalogo, questo ormai desueto strumento che rimane invece di straordinario valore, con una scelta di quattro o cinque titoli a sentimento che non è necessario che siano di recente uscita – “ci sono ancora tanti libri da leggere” – e poi la carta, se è stampato in Italia, chi sono i traduttori e, all’improvviso, “trovi il libro che si dà, il libro geniale”.
Non sono italiane Stephanie e sua mamma, arrivano da Parigi e alla domanda su come sono arrivate qui la risposta è: “Mia mamma ti direbbe che un bel giorno è salita su un bateau-mouche lungo la Senna ed è sbarcata sul Porto Canale di Leonardo…”.
Ci sono oggetti nelle stanze della libreria che sembrano usciti dalle mani di maestri del design, come una cassettina coloratissima a pois o una sedia d’antan: “Ti piacciono? Li hanno fatti i ragazzi della Nuova Famiglia”. Ma questa è un’altra bella storia…
Luigi Franchi
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