Chissà se la direttiva Bolkestein, che entrerà in vigore dal 2017 in tutti i paesi della Comunità Europea, terrà conto delle storie di anzianità, presenza come presidio dell’artigianalità locale, ruolo prezioso di informazione per i turisti, che gli ambulanti spesso assolvono di fronte al loro banco nelle piazze storiche italiane.
“Ma noi non temiamo questa direttiva, siamo pronti ad adeguarci ad ogni cambiamento purché nel rispetto delle regole e della legalità” mi spiega Roberto Calamai, conosciuto casualmente mentre attraversavo il mercato di San Lorenzo a Firenze.
“Hai scelto bene il banco da fotografare, perché è uno dei pochi rimasti che espone prodotti di vero artigianato italiano” mi aveva appena apostrofato l’ambulante dal suo banco di cappelli e borse, effettivamente molto belli, in cui si percepiva qualcosa di diverso rispetto alla quantità di pellame, stoffe, bigiotteria che si alterna lungo tutta la via, stimolando la mia curiosità a saperne di più.
Ed è in questo modo che vengo a conoscenza dei Sopravvissuti di San Lorenzo, una minuscola associazione di ambulanti che cerca, in tutti i modi, di difendere un concetto, quello della trasparenza e della legalità, che pare non sia proprio al centro dell’attenzione, né tra i tanti turisti né tra i soggetti preposti al controllo.
Per legalità e trasparenza si intende esporre etichette originali e non taroccate, ridurre l’altissimo turn-over di chi presiede i banchi, assolvere agli impegni fiscali. In una parola: rispettare le regole.
“Vedi – mi dimostra Martina, al suo banco di cravatte e foulard – non è che io non vendo stoffe che provengono da regioni extracomunitarie, ma lo metto in evidenza. I prodotti artigianali italiani sono contraddistinti da un cartellino, ma basta andare poco più avanti e troverai un falso made in Italy ad un terzo di quello a cui lo vendo io. Ti pare giusto?”
Poco più avanti incontro Alessandro e Silvia Belli Blanes, sono i titolari di un banco di artigianato fiorentino: “Quello vero, fatto da veri artigiani. – esclamano quasi all’unisono – Certo, abbiamo anche i souvenir, ma i prodotti sono tenuti ben distinti, il cliente deve capire le differenze e noi non perdiamo occasione per metterle in evidenza”. Si imparano molte cose dagli incontri casuali!
Roberto Calamai ha una di quelle belle facce toscane che nascondono il cuore grande di chi vive in profonda simbiosi con i luoghi in cui si trascorre gran parte della vita. E quei luoghi si impara ad amarli, ad averne rispetto e cura.
Così è per la via che ospita il mercato di San Lorenzo, dove Roberto ha trascorso ogni giorno, dal 1996. Allora capisci perché ne parla con tutto l’amore possibile delle fioriere che hanno collocato, grazie ad una colletta che lui e i suoi soci hanno fatto, oppure del restauro del tabernacolo, che stava diventando la vasca di scarico di ogni cosa, avviato sempre grazie al loro contributo raccolto persona dopo persona. O ancora del presepe, “che facciamo quest’anno sulle scalinate della basilica di San Lorenzo. Tutto fatto grazie al nostro volontariato, per dare valore a queste vie che sono parte importante delle nostre vite”.
“Noi siamo scolti, – mi spiega Roberto – ma non per questo dobbiamo rinunciare a far valere i nostri diritti e a tutelare quel poco che di buono e di pulito rimane. A me rimane la schiettezza dell’approccio per raccontare le nostre storie, non ho altro strumento che questo. Se poi uno ha voglia di capire andiamo avanti”.
Le loro storie – quella di Roberto, di Martina, di Alessandro – meritano di essere ascoltate perché parlano di un mondo che è profondamente cambiato sotto i loro occhi, di qualcosa che probabilmente già non esiste più e di cui, in cuor loro, forse sono anche consapevoli. Eppure resistono, credono profondamente nel loro mestiere, tengono in vita quella piccola rete di relazioni con gli artigiani che, nell’immaginario collettivo dei milioni di turisti che transitano per queste vie, viene percepito come tratto distintivo di questa città.
E lo raccontano. La conversazione improvvisata mi ha offerto una chiave di lettura diversa del luogo, mi ha messo in condizione di distinguere il vero dal taroccato. La loro è, forse, una missione impossibile ma ci provano.
Roberto Calamai, il presidente dei Sopravvissuti di San Lorenzo, mi esprime la soddisfazione per il probabile ingresso di un nuovo socio, raccontandomi i criteri di adesione tra cui “l’attestato di frequenza al banco, perché vogliamo davvero tutelare chi fa di questo mestiere la sua vita e non chi possiede decine di licenze, magari subappaltandole”.
Per dimostrarmi che non si inventa nulla, anche se non c’è questa necessità, tira fuori il cellulare dal suo ufficio – uno zainetto appeso ad un palo del suo banco – e mi rilegge la conversazione dell’alba, tra lui e i suoi cinque soci.
Un primo risultato, nel loro confrontarsi spontaneamente con le istituzioni, probabilmente lo hanno ottenuto: nelle mie ricerche per saperne di più mi sono imbattuto in una dichiarazione dell’assessore Bettarini che dichiara, a proposito dei cambiamenti che la Bolkestein introdurrà: “Cogliamo l’occasione dalla Bolkestein come un’occasione di riqualificazione: vorrei che ogni mercato avesse un pezzo dedicato alle eccellenze, e tutti i banchi avessero un tot di merce di alta qualità”.
Ci tornerò, tra quei banchi, per raccogliere altre storie da Roberto, Martina, Silvia e Alessandro: quelle degli artigiani che resistono, anche grazie al commercio delle loro produzioni nei banchi dei sopravvissuti di San Lorenzo.
Luigi Franchi
luigifranchi@solobellestorie.it