Educazione Civica

RASIGLIA È TUTTA LA MIA VITA, IL SOGNO MIO

13 novembre 2017

“Cosa c’è di più affascinante dell’acqua che scorre fra le case?” ci siamo detti immaginando già il gorgheggiare gioioso di ruscelli e i ponticelli di legno fra le rocce, in quel borgo montano speciale, a 30 km da Foligno, che ha il nome di Rasiglia. Cosa c’è di più bello che deviare un percorso quando i piani erano altri? La vita è sempre pronta a sorprenderci, ma noi dobbiamo lasciarle spazio e anche scegliere di rivedere i nostri programmi, se è il caso.


Una passeggiata in libertà, senza un ordine preciso, seguendo o cercando il corso dell’acqua, su in salita verso il bosco dove sgorga la sorgente: i rivoli e le cascatelle, lo spumeggiare dell’acqua che scorre vivace, la sua  limpidezza, le piantine verdissime pettinate dalla corrente, in uno scenario di case in sassi, una cinquantina in tutto, che completano l’opera d’arte che Dio e l’uomo hanno fatto di quel luogo.
In quel pomeriggio infrasettimanale il borgo è avvolto nel silenzio, oltre a noi una famigliola si aggira per le viuzze pavimentate. Ci fa compagnia il chiacchiericcio dell’acqua, come un piacevole sottofondo musicale.


Una signora esce sul balconcino della sua casa, che a sua volta si affaccia su una grande vasca di raccolta dell’acqua, più oltre un anziano, avrà un’ottantina d’anni, esce da una porticina in tenuta da lavoro, sale sul suo ape e pian piano scende lungo il borgo.
A distanza intercettiamo un uomo con le mani dietro la schiena che sale con un incedere lento, guardando a terra, come di uno che sta pensando.  Bella quella postura, chi interpreta i gesti dice che sia segnale di schiettezza e di trasparenza. Intuiamo che quest’uomo, non guardandosi intorno come facciamo noi, dev’essere del posto per cui ci avviciniamo e glielo chiediamo.
“Sì, sono nato qui e ci ho vissuto per tanti anni, poi per causa di forza maggiore mi sono dovuto trasferire a Trevi, dove ho anche il mio studio. – ci racconta Pietro Aristei, geologo – Rasiglia ha vissuto un periodo felice, la sua ricchezza d’acqua ha favorito la nascita di molini e opifici. Se vi fa piacere vi mostro qualcosa”.


Non aspettavamo altro che di calarci con uno sguardo diverso dal nostro, cambiando prospettiva.
“Volentieri!” rispondiamo pronti e iniziamo a seguirlo, mentre ci svela un qualche perché della peculiarità di questo luogo.
“L’acqua che vedete sbucare da ogni dove è riconducibile a una sorgente, la sorgente di  Capovena, che si trova là” allungando il braccio guarda in su e ci indica la parte alta del paese.
“La sua origine – prosegue – è dovuta a un particolare fenomeno che vede una faglia convogliare acqua piovana dall’altipiano di Colfiorito in direzione Rasiglia, dove trova uno sbarramento di roccia marmosa (impermeabile) che ostacola il suo percorso sotterraneo e la fa venire a giorno. È un’acqua ricca di carbonato di calcio che salendo in superficie perde anidride carbonica e deposita il carbonato su qualsiasi cosa, inglobandola a mo’ di fossile e creando stratificazioni”.


Pietro ci racconta che non è solo Rasiglia ma anche la zona circostante a pullulare d’acqua: oltre alla sorgente di Capovena ci sono la sorgente di Alzabove (che alimenta l’acquedotto che serve Montefalco e Foligno), la sorgente Venarella (che alimenta l’acquedotto di Verchiano), Le Vene (presso la frazione di Chieve) e Vena Pidocchiosa.
E poi torna a parlare con naturalezza della sua Rasiglia, di quell’anfiteatro naturale scavato dall’acqua, al riparo dai venti e dal freddo , su cui l’intero borgo si è sviluppato accondiscendente e di quanto, nel tempo, i suoi abitanti si siano ingegnati a sviluppare attività che sfruttassero la forza motrice dell’acqua: già a partire dal 1300 quando i Trinci, signori di Foligno, oltre al castello e alla rocca, avevano realizzato un molino e una gualchiera.
Molini e lanifici hanno connotato in maniera crescente l’economia di Rasiglia, che ha conosciuto il suo momento migliore tra il dopoguerra e gli anni ’60, quando il paese ha iniziato pian piano a spopolarsi.


E qui si illumina Pietro, alla storia subentrano i ricordi di bambino “quand’ero piccolo Rasiglia era abitata da circa 200 persone, aveva una scuola elementare, che ho frequentato, con le classi accorpate; due negozi di generi alimentari e bar; una macelleria molto attiva (Francesco Giuliani era un macellaio all’avanguardia, raccoglieva anche i tartufi per Urbani); la filanda Accorimboni che ha lavorato fino al 1972 quando hanno introdotto l’IVA, lì il proprietario si mise paura e decise di chiudere; un parroco fisso, Don Filippo; due barbieri che lavoravano in casa; un signore che andava per le case a macellare e lavorare il maiale; una centrale idroelettrica dove lavoravano due persone; un falegname; un molino funzionante”.
Poi iniziò il progressivo spopolamento, causa trasferimento a Foligno di realtà produttive come il Lanificio Tonti, fino ad arrivare alla botta più dolorosa, il terremoto del 1997, che ha messo in ginocchio anche lo zoccolo duro degli abitanti.


“Fino a quel momento io abitavo qui con i miei genitori. Ho dovuto trasferirmi a Trevi dove ho trasformato il mio studio in abitazione.  Rasiglia è tutta la mia vita, il sogno mio. È qui che vorrei tornare. Ma da allora persino i miei genitori non sono più rientrati in casa e stanno vivendo in una situazione provvisoria”.
Intanto Pietro ritorna nel suo borgo, e lo fa spesso, come amorevole custode. Gli basta essere lì, aggirarsi per le viuzze, mantenere vivo quel cordone ombelicale mai reciso. Tutto il paese è vincolato alla giurisdizione della Soprintendenza dei beni culturali dell’Umbria, per cui qualsiasi iniziativa deve trovare il suo consenso.
Pietro mi racconta che da anni è attiva su Rasiglia un’associazione – Rasiglia e le sue sorgenti – che molto si è data da fare per animare e promuovere questo luogo straordinario e ci è riuscita bene.


“Per quanto mi riguarda c’è tutta la disponibilità a dare il mio contributo” afferma Pietro. Fra le altre cose, due sono le iniziative, ad opera dell’associazione, imperdibili: il presepe vivente (nei giorni di Santo Stefano e dell’Epifania) e Penelope a Rasiglia, una sorta di rievocazione della tessitura.
La nostra visita al borgo risale all’aprile scorso. In questi giorni abbiamo chiamato Pietro per un saluto.  “Da quest’estate hanno aperto due bar, una bottega con un calzolaio che confeziona le scarpe e c’è un fermento di artigiani che vorrebbero insediarsi lì” questo il suo aggiornamento. Noi sorpresi “ma come, ad aprile non c’era nulla di tutto ciò? In così pochi mesi?”


“Da maggio – ha proseguito Pietro – dopo che un  paio di trasmissioni televisive (Marco Polo e Geo&Geo) hanno mandato in onda un servizio dedicato, Rasiglia ha iniziato a essere meta di visitatori, prima pochi poi a gruppi. Ora la domenica è sempre piena di gente”.
Osserva Pietro e  gioisce di una vita che sta ritornando in quel borgo che gli è stato genitore, quando i suoi genitori andavano a lavorare nei campi, e lui veniva affidato a Poldo, il mugnaio del Mulino Fiore, che gli faceva ammazzare il tempo sbecciando, oppure a Maria mentre filava nel lanificio. Quei due luoghi gli sono rimasti nel cuore e si è sempre detto “se appena avrò la possibilità li comprerò”.


Non senza fatica è riuscito a realizzare il suo sogno, acquistando sia  il molino che la filanda. A proposito di dare anche lui il suo contributo a Rasiglia, si sta adoperando per adibirli a musei, museo del grano e museo della tessitura, dove esporre le attrezzature collezionate negli anni.
C’era una volta un borgo attraversato da ruscelli, cascatelle e ponticelli in legno, e c’è ancora. Eccome se c’è!

Simona Vitali
simonavitali@solobellestorie.it

 

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