“Mi chiamo Panno. Porto il nome di un altro gatto particolare come me, vissuto tra la guerra e il dopoguerra qui a Palazzo Brami, nel centro storico di Reggio Emilia, di cui sono diventato il guardiano felice. Troppo bello quello che vedo e vivo”.
Panno, il mio primissimo incontro nell’affacciarmi sulla soglia di Cardo, un luogo altro, talmente sui generis da sfuggire a qualsiasi categoria codificata. Mentre il mio sguardo corre insaziabile da un capo all’altro, tra l’affascinato e lo stupito, mi raggiunge Carlo Losi, l’anima di tutto questo. Perché di fatto in quell’ambiente un’anima la percepisci eccome, da subito.
Splendidi rami a cespuglio con le proprie naturali sfumature giallo senape che scendono dal soffitto, un armadio trasparente colmo di foglie secche, cupole in vetro riempite di evanescenti soffioni, micro o macro ambientazioni con spaccati dell’Appennino, dentro anime metalliche di teche… mondi in cui ti cali, ci entri dentro e ci viaggi, rispolveri emozioni già conosciute magari proprio quando quei luoghi li hai visitati.
Ora è chiaro perché Panno non possa che trovarsi a suo agio in quell’ambiente così colmo di natura ma non solo, perché diversi sono i materiali che Carlo utilizza, senza mai artefare nulla ma solo valorizzando, il tutto però finalizzato a creare armonia ed emozioni da armonia. Sorride Carlo, guardando il suo gattone, così parte di quell’ambiente e del suo mondo.
“È arrivato qui da solo tre anni fa. Dopo un lungo periodo di diffidenza in cui stava nascosto ma accettava il cibo che gli lasciavo, un bel giorno è entrato spontaneamente qui dentro e da allora è presenza vigile, parte integrante di Cardo”.
“Ma dimmi come sei arrivato a questa inusuale idea di dare vita a un simile luogo…” gli chiedo incuriosita mentre avverto di stare bene lì, in quell’atmosfera che mi bendispone a rilascio lento, il migliore riscontro che possa raccogliere.
“Questi spazi – mi racconta Carlo – hanno ospitato per 16 anni la Libreria Einaudi. Quando ha deciso di spostarsi mi sono detto che avrei potuto fare qualcosa di mio che implicasse la manualità, condizione che ritenevo indispensabile. Dopo aver vagliato più di una strada mi sono orientato sui fiori. Qui nei paraggi aveva appena chiuso l’attività il fiorista Gildo Ferrari, un’istituzione a Reggio Emilia, il fiorista per eccellenza. Gildo si è reso disponibile per insegnarmi le tecniche, solo quelle però, perché lo stile avrei dovuto trovarlo da solo. Ho iniziato così a raccogliere fiori sul mio amato Appennino, dove trascorro diversi mesi dell’anno, per poter avere il materiale da utilizzare con Gildo”.
Partendo dalla necessità che aguzza l’ingegno (la natura dell’appennino come fonte di materiale su cui esercitarsi) quello stile da ricercare che Gildo gli aveva sollecitato, ha iniziato a delinearsi. Ma la materia vegetale, seppur presente in modo sostanziale, non esaurisce il mondo dei materiali di cui Carlo ha deciso di avvalersi. La sua predilezione si è definita intorno a elementi che, da soli, possono apparire insignificanti, ma se assemblati acquistano una propria dignità.
A quel punto non rimaneva che personalizzare i locali, dar loro una nuova impronta netta, che delineasse la specificità di questo luogo innovativo. E qui è emersa l’altra forza di Carlo, gli amici, trasversali nelle loro professionalità, belle teste con cui confrontarsi/condividere idee e che hanno iniziato ad amare quella creatura mettendoci ognuno il suo.
Anche la ricerca del nome non è stata cosa semplice. Ma è bastato chiedere consiglio all’amico Lindo Govanni Ferretti (ex leader dei CCCP e ora scrittore) per avere un’illuminazione: “e se lo chiamassi Cardo?” gli ha suggerito un giorno, lui che è tornato a vivere sull’Appennino e ne apprezza ogni giorno le peculiarità. Per Carlo è stato una folgorazione “il cardo è uno dei primi incontri che fai uscendo dal bosco verso il crinale e poi ha natura forte, spinosa; chi lo dice che il fiore debba essere sempre gentile e profumato?”.
Oggi Cardo è un magnifico atelier che ti accoglie con un’armonia di allestimenti e paesaggi al piano terra e ti folgora via via che scendi nelle cantine dove Carlo dispone il materiale per il suo lavoro. Trovi distese di vasi con mazzi di fiori secchi, arbusti che si ergono a piante come se fossero piantane, prototipi di oggetti (lui è molto per l’unicità degli oggetti)… semplicemente un’esposizione artistica senza volerlo necessariamente essere. È chiaro, mi è chiaro, qui siamo di fronte a un artista contemporaneo, ben definito nelle sue peculiarità.
Rimane in me la curiosità di capire cosa Carlo prediliga nella sua attività. “La ricerca, la raccolta di materiale vegetale. – mi risponde – Specifico però che c’è modo e modo di raccogliere. Alcuni arbusti non si possono raccogliere, altri bisogna aspettare che secchino. E in ogni modo non esiste che si vada a depredare l’ambiente. Anche la raccolta deve essere guidata da un’etica”.
Sull’Appennino Tosco-Emiliano Carlo ci è cresciuto e ne ha rispetto. Inoltre è convinto che l’approcciarsi alla raccolta con un certo stato d’animo porti a risultati diversi.
Anche i pensieri vengono raccolti dentro Cardo. Sì, i pensieri costruttivi, che diventano spesso fattivi, di tutti quegli amici vecchi e nuovi che si trovano lì per il piacere di condividere un po’ di loro, nella gratuità di mettere sul piatto un pezzo della loro professionalità, in amicizia, perché se c’è ancora qualche spazio in cui possiamo essere artefici della nostra vita e del nostro star bene, allora facciamo bene a coltivarlo.
Simona Vitali
simonavitali@solobellestorie.it