“Vedo, leggo e immancabilmente esperimento. Prima copio il pezzo solo per capire la tecnica, la modalità di realizzazione, poi libero la mia creatività e mi sbizzarrisco a seconda del mio sentire di quel giorno”. Chi parla è Nadia Mezzadri, felice incontro ad un mercatino di artigianato nel parmense.
Siamo nel regno tutto femminile degli accessori artigianali – gli elementi che in assoluto fanno la differenza nel delineare lo stile di una donna – il luogo dei pezzi unici quando l’estro dell’artista sa prendere una sua strada ma più spesso, troppo spesso, un’accozzaglia di ovvietà, banalità, cose copiate maldestramente che quasi si chiedono da sole che colpa possano avere per essere state concepite così.
In questo universo che tanto stuzzica si possono individuare due strade: una davvero creativa, che sa sorprendere per via dell’innesto, la cura, di piccoli particolari che già all’approccio comunicano qualcosa e l’altra fatta di pura emulazione, che poi c’è anche da essere capaci di copiare e qui si apre una serie di sottocategorie del caso.
Ecco, in tutto ciò ogni tanto capita l’incontro fortunato, quello capace di fare alzare le antenne già a distanza, quando qualcosa cattura il tuo sguardo.
È accaduto più o meno così con Nadia e il suo spazio Piacere di Kreare, una vera sollecitazione per gli occhi le collane, i bracciali e gli orecchini frutto di una mescolanza di pezzi in cartapesta, medaglioni in acetato animati di immagini, minuscoli coperchi di vecchie scatoline metalliche o in legno, particolari bottoni vintage, biglie da spiaggia piuttosto che ciondoli dove la palla di cristallo di un lampadario assemblata a un ditale da cucito e imbrigliata in una griglia di fil di ferro dava origine ad una mongolfiera. Pezzi mixati sapientemente fra loro in modo sempre diverso perché Nadia è in evoluzione continua.
Ma dove trovi tutte queste minuterie? le chiedo curiosa.
“Vorrei tanto dirti solo nelle vecchie mercerie – mi spiega Nadia – perché sono la mia passione, ma ormai sempre più rare. Ne ho una di riferimento a Parma dove c’è una signora anziana. Adoro andare a fare piccoli acquisti da lei, che ancora custodisce gelosamente pezzi che non si trovano più. Prima cerca di capire bene cosa mi serve, poi mi dice che pensa di avere qualcosa che fa per me. Inizia ad aprire cassetti finché non individua i sacchettini giusti e mi mostra il contenuto. Molto spesso i prezzi sono ancora in lire e me li deve tradurre in euro! Altra buona fonte sono sempre stati i mercatini dell’usato, ma ora c’è troppa consapevolezza e anche i costi sono lievitati oltremisura. Piuttosto allora preferisco i mercatini del riuso, che sono un po’ la nuova frontiera. Lì però trovo solo alcune cose: fibbie, spille vecchie che poi smonto, piccolissime scatoline smaltate che utilizzo o intere per i ciondoli o parzialmente per le collane”.
Questa donna, così vulcanica e mai banale nelle sue creazioni, sin da ragazzina ha approcciato quante più attività manuali possibili: dalla maglia all’uncinetto, al cucito. E questo è stato certamente un buon viatico per approdare da Marisa Ughi, la maglieria più prestigiosa della città, a ricamare e rifinire maglie e maglioni. Poi il passaggio ad un’azienda di abbigliamento da donna dove impreziosiva i tessuti con dipinti a mano. E intanto, nel suo tempo libero, dava sfogo alla creatività seguendo le propensioni del momento. È iniziato così l’approccio con la sartoria, di cui aveva acquisito qualche nozione in ambito lavorativo, l’acquisto di giornali, lo studio dei cartamodelli, le prime prove e la messa a punto di una linea realizzata con le cravatte vintage, tra vestiti, kimoni, gilet, cinture e copricapo.
E poi è arrivato il momento della carta pesta.
“Ricordo ancora quel giorno – mi racconta Nadia – in cui la sorella della mia titolare di allora mi ha mostrato una magnifica collana con una grande rosa di cartapesta che mi ha invogliato a studiare questa tecnica, cercando una ricetta che ho via via messo a punto. Tante prove per arrivare alla giusta consistenza dell’impasto e poi l’iniziare a dar forma all’impasto”.
La tecnica non è certo delle più diffuse nel realizzare minuterie di bigiotteria perché comporta tempi lunghi. E anche qui chi la pratica ha le sue preferenze: chi utilizza rotoli di carta igienica, chi recipienti di uova, chi – come Nadia – carta da giornale (più è vecchia e meglio è). Si spezzetta la carta, la si mette in ammollo nell’acqua, la si fa bollire, si scola, si strizza ma non troppo. Si aggiunge poi gesso, colla vinilica, colla da parati, olio di lino e, a discrezione, segatura. A quel punto l’impasto è pronto per essere sagomato. I pezzi che ne risultano devono asciugare in forno ventilato o all’aria aperta per un giorno. E finalmente sono pronti per essere dipinti.
È comprensibile che per una simile lavorazione bisogna essere portati e soprattutto non avere fretta. Qui ci vuole il tempo che ci vuole: “quando mi ci metto non guardo le ore – sottolinea Nadia – anzi mi dimentico del tempo che passa”.
Tra le sue opere ci sono splendidi collier fruttati come il ramo carico di ciliegie realizzato con un collarino verde da cui scendono a pioggia ciliegie e foglie o collier fioriti di papaveri o fiori di pesco o di viole del pensiero a fare da cornice intorno al collo.
Ci sono anche collier misti di medaglioni in carta pesta e medaglioni in acetato decorati che sbucano in modo disordinato da un istrionico intreccio di fil di ferro, lo stesso tipo di intreccio che fa da base a una collana di coloratissimi e particolari bottoni vintage che sbucano fuori come da tante molle. E poi le spille a forma di farfalla fatte con fil di ferro e biglie di vetro, che da bambini si utilizzavano in spiaggia.
Tutto materiale che ha già avuto una prima vita e a cui ora Nadia da una seconda possibilità, individuando quel giusto accostamento, quell’incastro perfetto che solo un occhio attento sa trovare.
Tante pinze, fili di ferro e rotoli di corde, una miriade di bottoni raggruppati in più scatoline, vecchie spille smontate, collane sfilate, ciotoline di perle più o meno grandi in cartapesta di tutti i colori ma anche fiori, pezzi vari sempre in cartapesta, sacchettini con selezioni di elementi da assemblare fra loro e tante boccette di colore per dipingere campeggiano sul tavolo di lavoro di Nadia.
Un mix di piccoli oggetti disseminati davanti alla base di lavoro fa venire in mente il camminare lungo la spiaggia alla ricerca di pezzi che ispirino qualcosa, con lo sguardo puntato su una miriade di conchiglie e sassolini e il gesto di chinarsi per raccogliere proprio quella conchiglia e nessun’altra e poi proseguire e individuarne un’altra ancora. In fondo cos’è creare se non il sapere vedere attraverso anche un solo elemento la traccia di un’opera che con gli occhi si immagina già finita?
Simona Vitali
simonavitali@solobellestorie.it