Il genio lo riconosci perché, con i suoi guizzi creativi, in ogni campo decida di applicarsi riesce sempre, seguendo una strada tutta sua. Ancora prima che nei fatti ti cattura per il modo in cui ragiona: bisogna riuscire a seguirlo. È ingombrante la vita di un siffatto personaggio perché le sue idee spesso sono più grandi della sua portata e non si ferma mai, la testa sempre in movimento. Non conta le ore di lavoro per perseguire al millesimo quello che ha in mente.
Questa è la storia di Luca Agnelli che, nell’arco della sua vita professionale, si è sempre espresso sotto il comune denominatore di artigiano. È partito come garzone in una bottega di restauro e ha finito per aprire lui stesso un laboratorio, arrivando a produrre ferramenta anticata (serrature maniglie…) con la particolare tecnica di microinfusione a cera persa. In questo riusciva talmente bene che chi la praticava da tempo veniva a fargli visita per migliorarsi.
È poi arrivato il crollo del mercato di antiquariato e la necessità di reinventarsi (“io l’avevo un lavoro, nasco come restauratore di mobili antichi…ho dovuto ricominciare un altro mestiere”). Così ha creato le condizioni per il costituirsi di una rete di imprese operanti sul fronte dell’energia rinnovabile, in un grande spazio condiviso. In più ha iniziato anche a dedicarsi alla mobilità elettrica. Luca ogni volta che vendeva una bici elettrica pensava: “funziona bene ma com’è brutta…a partire da quell’ingombrante e antiestetica batteria! Il progresso ha svilito il bello in funzione della comodità”.
Lui che aveva negli occhi, e nel cuore, i mitici modelli di moto-bici degli anni a cavallo della seconda guerra mondiale, ma anche quelli semplici e bellissimi che la Ferrera produceva a Torino all’inizio del ‘900.
Inizia così a elaborare il suo personale concetto di bici elettrica che nasce dall’idea di recuperare serbatoi di moto-bici d’epoca (dal Guazzino 65 all’Aquilotto della Bianco, dal Cucciolo della Ducati alle moto Guzzi e Garelli) da far sposare con telai di bici degli anni ‘80/’90.
Un’operazione tecnicamente certosina che richiede mesi di lavoro per adattare e armonizzare i diversi elementi.
Tutto parte dall’individuazione di vecchi telai resistenti e diversi fra loro che, a seconda della geometria, determina la scelta dei serbatoi.
Questi acquisiranno la funzione di contenere non carburante ma la nuova batteria e i cablaggi. E poi la modifica dello scheletro, la verniciatura (telai a polvere e serbatoi e parafanghi a liquido) e infine la sfida più grande di adattare il parafango del caso e altri pezzi alla diversa struttura.
La bici che ne risulta è il frutto di una sapiente integrazione di pezzi d’epoca (telaio e serbatoio), vintage nell’aspetto (sella con molle, manopole… accessori in cuoio realizzati da un artigiano nel pavese) e moderni (kit elettrico).
I tempi di produzione: questo è il punto cardine. “Investire nel bello – come tiene a sottolineare Luca – significa investire nel tempo”. Lui che oggi fa ciò che in Italia si faceva negli anni ‘20/’30, ma sapendo bene che non diventerà mai ricco, nel suo lavorare con così tanta scrupolosità.
La moglie Cinzia lo affianca da sempre perché in lui ci crede. E anche questo è amore ovvero ricarica motivazionale per Luca.
Le soddisfazioni di lui sono centellinate come le bici che riesce personalmente realizzare e notevoli come i personaggi che ad oggi si sono avvicinati a lui e hanno acquistato un suo pezzo, è il caso di dire, unico.
“La recente esperienza di esposizione delle sue bici al Fuorisalone di Milano gli ha guadagnato il forte interessamento di LG e Samsung – mi racconta Paolo, il suo amico di sempre – che hanno fatto più visite riconoscendo la levatura di questa artigianalità difficile da imitare”.
E il complimento più bello che riceve dagli stranieri e che lo compensa di tutto quell’impegno extra è il sentirsi dire che “solo un italiano poteva costruire un prodotto così”.
Eccola qua l’Italia dell’ingegno che esce prepotente attraverso un artigiano che non ha grilli per la testa ma idee da far girare la testa, che è sperimentatore romantico perché concepisce l’andare in bicicletta come un lusso, per la piacevolezza nella pedalata che certi telai sanno ancora regalare e per un senso alto di bellezza e di armonia che forse, prima di tutto, è armonia dell’anima. La sua.
Simona Vitali
simonavitali@solobellestorie.it
Agnelli Milano Bici di Luca Agnelli
Via Dante Alighieri, 113
20081 Abbiategrasso (MI)
Tel. 02 9420805
www.agnellimilanobici.com