Le piace pensare che “ci sono pesci che nessuno riesce a catturare. Non è che siano più rapidi o forti di altri pesci. È solo che sembrano toccati da una speciale grazia*”.
L’incontro di Angela Barusi con i pesci, la folgorazione intuitiva è avvenuta per caso mentre lei – professionista della promozione e valorizzazione del patrimonio agroalimentare – stava sfogliando una rivista di cucina francese, con l’attenzione di chi sta lavorando a un importante progetto.
All’improvviso un’immagine, splendida, di “ un gruppo di pesci che pareva un mazzo di fiori” l’ha catturata e illuminata al tempo stesso. È l’idea, che si accende mentre non stai esattamente cercando, ma che ti trova predisposto ad accoglierla e già ti fa intravedere la strada.
Come un lampo è balenata nella mente di Angela. Quei pesci li avrebbe realizzati su carta, questa l’intuizione, avvalendosi della tecnica ad acquerello, perché quelle meravigliose sfumature acquee potessero essere rese al meglio. Lei che dopo gli studi di Belle Arti coltivava da sempre, nel segreto delle sue stanze, la passione della pittura – olio su tela e di paesaggio – questa volta era chiamata da una diversa modalità pittorica espressiva. Sì, chiamata, perché così agisce la passione quando viene sollecitata. Avvisa. A volte anche sotto forma di sfida, rispetto a ciò su cui ti senti più forte.
Così in una domenica pomeriggio di dicembre – era il 2014 – Angela ha iniziato a calarsi poco a poco nella dimensione del pesce azzurro e del mare Mediterraneo. Tutto questo mentre era impegnata su progetti lavorativi che l’assorbivano tanto, al punto da risultare bastevoli. Ma lei no, si è ostinata a organizzare il proprio tempo. L’arte nella sua vita c’è sempre stata come “fonte di ispirazione e creatività” in senso più ampio. E in quel momento il tema dei pesci la intrigava.
Nell’incontro con questa donna volitiva e di fine intelligenza ho raccolto e fatto miei distillati di vita, la sua, certamente masticata fino alla radice. Saggezza e concretezza mi si sono evidenziati in modo tangibile: “Il tempo lo trovo – mi ha spiegato – perché ho imparato a essere molto pragmatica con esso. Questo ne aumenta esponenzialmente la rendita: quando si lavora, si lavora. Ho molte passioni da alimentare e quando ho bisogno di tempo me lo ritaglio. Ciononostante la pittura ha bisogno anche di una certa continuitá: allenamento per gli occhi (mostre, letture, approfondimenti) e per la mano. Queste sono costanti: nel pomeriggio o a fine giornata in studio, un blocco e un set di colori da mettere in valigia, un notes sempre in borsetta e dentro ad un museo ogni volta che posso!”.
Non posso non fare un pensiero di quanto sia più usuale essere dispersivi, lamentando poi di non avere tempo o rimandando. Dimentichiamo però che l’unico tempo di cui siamo certi di poter disporre è l’adesso, quello che stiamo vivendo.
Di fatto la nuova sfida pittorica di Angela è iniziata con una romantica interpretazione ad acquerello della bella composizione di pesci ma si è convertita, nel corso di un anno e mezzo di ricerca, in “una riflessione traboccante sulla realtà che ha trasformato il mare Mediterraneo, oggi scenario di atrocità umane ed animali”.
E così da un inizio lieve ecco che arriva il momento forte, quello della riflessione, di fronte a cui si può scappare oppure no. “Preso coscienza di tutto questo, il lavoro che ti accingi a fare non è più banale. Nonostante la realtà possa essere straziante, se hai un minimo di vocazione la guardi in faccia, vedi che è profondamente bella e da qui arriva quella scossa che serve per guardare più in là delle miserie che molto spesso noi stessi provochiamo. Questo ti rimette in moto e ti riempie di speranza”.
E una donna così lucida e sensibile, che è anche artista, si chiede quale possa essere il suo contributo in tutto questo. Angela, in questi acquerelli a soggetto unico, innesca una marcia in più per celebrare questa bellezza che c’è, c’è ancora, e capisce che, nonostante il suo intimismo, quel lavoro non può più farlo solo per se stessa. Deve avere il coraggio di raccontarlo, lei così riservata.
Ecco il ruolo sociale, la responsabilità dell’artista che dovrebbe “prendere lo stupore, la sorpresa, non sempre bella, e trasmetterla”.
“Saranno anche pesciolini – mi confida Angela – ma sono i miei pesciolini della speranza”.
Io so che mi hanno catturato prim’ancora di conoscerne la storia. Mi è bastata qualche fugace immagine su Facebook per rapirmi e farmi avanzare in avanscoperta.
Ma quale ritratto è uscito di questi abitanti del mare? Qui prendo a prestito le parole di un pittore, Alessandro La Motta, che li ha definiti come “pesci prêt-a-porter che si mostrano con sguardo vivo e brillante”. Non sono calati nel loro habitat marino ma appaiono in assolo sul foglio bianco, soli o in piccoli gruppi. Angela li ha definiti “Pesci fuor d’acqua” ma, precisa La Motta, “non sono pesci spaesati però, ma colti nell’atto di mostrarsi fuori dall’acqua, perché diventati essi stessi acqua”. Ogni soggetto ha in sé i colori del mare.
Per Angela la pittura è diario privato, da sempre. Un fiume che è scorso sotto la superficie per oltre 20 anni. Tuttavia questo percorso di presa di coscienza l’ha convinta a rendere pubbliche le sue opere e ha scelto di farlo in un luogo simbolo: L’Istituto Italiano di cultura a Barcellona.
Ecco la volontà che diventa azione intelligente.
Cara Angela, mentre scrivevo di te, le tue considerazioni hanno lavorato anche nella mia persona. C’è una forza in quel che veicoli, a partire dal distillato di pensieri – vissuti ed elaborati – che abita la tua vita. Che dirti? Grazie per avercene fatto dono. Si è spesso gelosi anche di questo.
Ora aspettiamo questa mostra anche in Italia!
Il Mediterraneo è anche cosa nostra ma soprattutto ciò che merita non può restare fermo, deve arrivare quanto più lontano possibile!
Simona Vitali
simonavitali@solobellestorie.it
*la frase è tratta al film Big Fish di Tim Burton