Educazione Artistica

VENEZIA IN UNA PERLA DI VETRO

5 dicembre 2016

Prendere fra le mani una splendida collana di perle di vetro veneziane e non sapere che storia essa celi. Capita spesso, troppo spesso, di apprezzare un oggetto per il lato estetico, e magari acquistarlo, rimanendo ignari di cosa racconti. Non siamo mai abbastanza curiosi. E questo lo scopriamo quando dall’altra parte c’è chi ci spiega, facendoci uscire un po’ più ricchi di quando siamo entrati.

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Mi ha rapito così la pasionaria Marisa Convento, che nella Venezia storica tutti chiamano “l’impiraressa”, nell’accogliermi nella sua piccola bottega, così ricca di simboli da gridare bellezza in ogni sua espressione, foss’anche un nuvolo di farfalle, a decorare un angolo della parete.

“Amo le farfalle – sottolinea Marisa – perché con il loro volo imprevedibile sono il simbolo della libertà e con il loro battito d’ali veloce ti fanno intravvedere la bellezza per un istante, poi non la vedi più”.

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La bellezza, quella l’ha accompagnata nella sua crescita, a partire dalla valorizzazione dei frammenti di vetro che raccoglieva e riponeva nella scatolina di fiammiferi;  al rimirare gli oggetti, magari anche rovinati ma sempre bellissimi che il padre, impiegato nella società di distribuzione del gas, durante le sue visite alle veterie, portava a casa da Murano . Poi il suo impegno nel commercio in diverse botteghe veneziane, lo studio del vetro e delle altre “specialità veneziane” (così  allora veniva definito l’alto artigianato locale) per poter trasmetterne il valore.

“Ma più di tutto mi hanno appassionata le perle veneziane – si affretta a precisare Marisa – per il piacere tutto femminile di poterle indossare e per il fascino al solo pensiero che queste abbiano viaggiato in tutto il mondo”. E non è un modo dire. A partire dalla fine del XV secolo le perle di vetro sono state esportate e diventate merce di scambio  nelle colonie dell’Africa occidentale, delle Americhe, delle Indie e il commercio si è intensificato tra fine ‘800 e metà ‘900. Le perle veneziane oggi sono davvero sparse nel mondo e ci sono fior di collezionisti che cercano di riportarle a casa. Anche Marisa ha iniziato con il collezionarne d’epoca, attratta dalla stupenda varietà. Una vera passione per chi ci si avventura.

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Se si pensa che di base si distinguono, a seconda del tipo di lavorazione,  tre tipologie di perle – di conteria,  rosetta e al lume – è immaginabile l’infinita gamma, tra motivi, colori e trasparenze che può essere prodotta. Ma più curiosa ancora è la scoperta di una storia, una storia di donne, legata alle perline di conteria, le più piccole, di dimensione millesimali, prodotte in quantità importanti,perché molto richieste tra fine ‘800 e inizio ‘900. La necessità di infilarle e compattarle in mazzi da poter veicolare agilmente ha fatto individuare la manualità femminile come la più adatta a svolgere questo ruolo.

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È nata così l’impiraressa (infilatrice), la madre di famiglia a cui venivano consegnate casse di conterie sfuse da infilare, a casa propria. Era usuale in quell’epoca imbattersi lungo le calle nel vociare di gruppi di donne che condividevano pensieri, cantavano, litigavano anche, ciascuna sulla propria sedia con appoggiata sulle ginocchia la sessola (vassoio di legno) colma di conterie, che infilava nell’agada (ventaglio di aghi).
A mediazione tra il produttore e le donne si poneva la mistra (la maestra), piccola imprenditrice che garantiva al primo un buon fatturato a basso costo, a discapito delle seconde. Tuttavia anche questa entrata aveva un’incidenza su un’economia famigliare instabile e in senso più ampio sull’economia della città. Un esercito di 5000 impiraresse abitava Venezia agli inizi del ‘900… ecco cosa si cela dietro le perline di conteria!

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Marisa Convento mi ha fatto dono di questa storia, prim’ancora di parlare di se stessa e del suo lavoro. Nelle sue parole non esito a cogliere il senso di una passione che si è fatta  eticamente consapevole dell’intreccio profondo con la sua città: “Spesso a Venezia c’è chi guadagna sfruttandola, dimenticando di volerle bene” è la lapidaria considerazione che raccolgo senza chiedere spiegazioni. La trovo molto chiara.
Il percorso di Marisa per arrivare ad essere un’impiraressa dei giorni nostri  è passato dall’alimentare la sua collezione al desiderio di imparare a infilare le perle. La fortuna ha voluto che si imbattesse in un’anziana impiraressa, che abitava vicino alla cognata, la quale le ha impartito le prime nozioni.

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L’esercizio, e lo studio che ne è seguito delle tecniche per infilare, l’hanno portata ad acquisire padronanza della materia finché a 46 anni non ha pensato di trasformare l’hobby in lavoro, aprendo una sua piccola bottega, Venetian Dreams, dove sguinzaglia la sua creatività tra collane, braccialetti, orecchini, decorazioni per calzature, borsette, accessori di moda.
Le uniche perle d’epoca che utilizza sono le minuscole conterie perché non se ne produce più (a fine anni ’90 ne ha ritirato una consistente partita da un’azienda in chiusura) ma per il resto lavora solo con perle contemporanee, realizzate da due perlere di Murano, Alessia e Sara, perché questo lavoro resti vivo in tutte le sue parti e abbia un futuro.

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Ma cosa ispira Marisa nelle sue creazioni? ” Tutta la mia vita, le mie sensazioni, le mostre che visito, i colori della natura…qualsiasi cosa può ispirare il mio lavoro” mi risponde pronta  aggiungendo ” la bellezza educa, come insegna la professoressa  Doretta D’Avanzo Poli, grande conoscitrice del tessuto e del costume veneziano”.

È così, più cose belle vediamo, più il nostro gusto si affina e meno ci accontentiamo. La bellezza a quel punto diventa ricerca.

Simona Vitali
simonavitali@solobellestorie.it

Venetian Dreams
Calle de la Mandola, 3805
30124 Venezia
Tel. 041 523 0292
www.marisaconvento.it

 

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