Un viaggio, quando lo si intraprende, non deve mai essere prevedibile. Altrimenti diventa una vacanza. E in vacanza, per quanto ci si ostini ad affermare il contrario, di scoperte non se ne fanno. Mentre il viaggio è autentica apertura: di testa e di cuore. E se le strade portano al sud diventa un viaggio di umana contaminazione con persone che qui sono belle davvero.
C’è l’allegria come contrappasso alle pesanti difficoltà di vivere in maniera dignitosa in certe aree urbane. C’è quell’arte di arrangiarsi che, in molti casi (se si è disposti ad abbandonare la superficialità dello sguardo da turisti), fa emergere intuizioni straordinarie per far crescere imprese e persone.
Ci sono materie prime fantastiche che, nonostante gli allarmismi, lasciano un segno indimenticabile in chi le assaggia e in chi le prepara: il segno del piacere assoluto che ti può venire dalla semplicità di una ricetta dove il pomodorino di Corbara, ti spiega chi li seleziona, va solo appoggiato in cottura, senza prolungarsi troppo a lungo.
Ci sono sguardi carichi di parole nelle donne e negli uomini del sud, che dietro l’apparente indolenza, lasciano trasparire la voglia di farcela.
C’è un paesaggio che, pur deturpato ad ogni angolo, riesce comunque a resistere, in attesa della propria riscossa, convinti come siamo che arriverà. I segnali ci sono: giovani che non abbandonano i luoghi e neppure cedono alle lusinghe del denaro facile ma sporco.
C’è il senso innato dell’ospitalità. Sempre e in ogni luogo. Qui, per fortuna, la privacy la chiudono in un cassetto e gettano via la chiave, così non cadi in tentazione.
Ci sono leggende e personaggi leggendari che non finiresti mai di ascoltare, come i fujenti di Sant’Anastasia (tradotto: coloro che vanno) o i pizzaioli di paese, definiti così per distinguerli da quelli di Napoli ma entrambi geniali.
E poi c’è il mare, con la sua luce e i suoi pescatori.
Questo è il viaggio intrapreso verso il sud di questa Italia. Dove si capisce molto bene perché siamo invidiati da mezzo mondo.
Luigi Franchi