Un grosso timbro ricavato da un pezzo di legno di tiglio con un gallo stilizzato nell’impugnatura e alla base l’incisione di una toque, il tipico cappello da cuoco, che un materano ha regalato al Presidente APCI Roberto Carcangiu, nella permanenza a Matera per il congresso dei cuochi, ha solleticato e non poco la nostra curiosità.
“È un timbro per marchiare il pane, per personalizzarlo!” ci spiega Roberto, con quel modo frizzante di traferire conoscenza: “guardate che bello! Pensate che questa, che ai giorni nostri è una simpatica idea regalo certamente utilizzabile ma anche elemento decorativo in una casa, in un passato non così lontano era un accessorio indispensabile in ogni famiglia”.
Basta questa battuta raccolta al volo per andare alla ricerca di altre informazioni. Chi può esserci di meglio da interpellare se non Massimo Casiello , artista del legno, fautore del timbro del pane-regalo?
Massimo, due occhi di un azzurro limpido, ci accoglie con una straordinaria serenità nella sua falegnameria didattica. La giornata non è delle più comuni, da un momento all’altro potrebbe nascere il suo primo bimbo e c’è anche l’urgenza di terminare la scenografia di uno spettacolo teatrale di un gruppo di ragazzi stranieri che qui stanno facendo un laboratorio.
Nonostante tutto ci accostiamo insieme alla vetrinetta dei timbri e Massimo trova il tempo per raccontarci una storia che ha appassionato lui per primo: “in passato, questo almeno fino agli anni ’50, le massaie usavano impastare il pane in casa per poi farlo cuocere nei forni pubblici. Passavano a ritirarlo i garzoni dei fornai e lo riponevano su una tavola portata a spalla, come equilibristi, non prima che ciascuna forma fosse timbrata (per distinguerla da quella di altre famiglie). Ogni massaia era infatti molto gelosa del proprio pane e non voleva che nel forno fosse scambiato con quello della vicina”. Ed è proprio in questa modalità di identificare il pane il tratto distintivo di Matera.
“Qui ogni famiglia – ci spiega Massimo – aveva un proprio timbro commissionato a suo tempo ai pastori, i quali lo realizzavano nel periodo di transumanza, quando erano lontani dalle loro abitazioni e avevano del tempo libero da dedicare all’intaglio del legno che non mancava nel loro percorso, tra ciliegi, ulivi, albicocchi, ma anche noci, aceri campestri, aranci e pure bagolari e carrubi”.
Piccole opere d’arte e mondi intrisi di un vissuto questi timbri, per la bellezza e i significati che racchiudevano. “Se la base del timbro – continua Massimo- riportava le iniziali del capofamiglia o un altro segno distintivo, l’impugnatura veniva scolpita per dare forma a elementi architettonici o sacri, figure umane, animali domestici come il gallo, piuttosto ricorrente perché simbolo di virilità e prosperità”.
È curioso scoprire che il timbro veniva utilizzato anche per dichiararsi ad una ragazza. Se questa lo accettava accoglieva la proposta di un impegno per il futuro a costituire un nucleo famigliare, dove utilizzare quello stesso timbro del pane ricevuto in dono.
Mentre ascoltiamo questo racconto, afferro un timbro originale che tiene “a modello” e rigirandolo fra le mani penso a quanti pensieri deve avere assorbito, tra quelli del pastore mentre lo realizzava in quei lunghi periodi di lontananza da casa e anche gli umori della massaia che in quel pane, così prezioso per l’economia famigliare di quell’epoca, riponeva le speranze di una buona riuscita.
E dato che ancora oggi il pane viene prodotto secondo l’antico sistema di lavorazione che risale addirittura al periodo del Regno di Napoli, ci diciamo che non possiamo non chiudere il cerchio con un’incursione notturna in un panificio! Guidati da Leonardo e Paola, i due giovani e vivaci ristoratori dell’Osteria dei Sassi, scegliamo Pane e Pace, il forno di Lucia Perrone: la sua famiglia panifica da oltre un secolo. Sono le due di notte, camminiamo nel buio, che lì non è buio per via del bianco delle strade lastricate, con lo sguardo sui Sassi risaltati da flebili lucine calde, come statuine mobili dentro un presepe.
Arrivati finalmente al forno, troviamo Angelo e Mimmo, i due panificatori che da tanti anni rinnovano la loto fedeltà alla famiglia Perrone, che ci sorridono sfidanti come a dire “adesso vediamo se riuscite a resistere, ci sono davanti ore difficili”. In realtà si limitano a spiegarci che stanno per preparare l’impasto. Così versano la semola rimacinata di grano duro e poi il lievito madre e l’acqua fra la braccia di una grande impastatrice, che sembra una massaia in carne mentre si adopera con metodo a lavorare un impasto di quasi tre quintali . Ne esce una pasta di un giallo-paglierino, setosa alla vista, che sprigiona un profumo buonissimo, evocativo. È già una promessa.
Si mettono subito al lavoro oggi è giorno di pezzi grossi, quelli da 5 kg (ma se ne fanno anche da 10 kg), quelli migliori perché “più i pani sono grandi e più sono buoni, più c’è mollica e più il pane dura” mi dice Mimmo mentre in velocità taglia i pezzi di pasta, li passa al volo sulla bilancia per la conferma del peso e li gira ad Angelo che li modella a mo’ di palla e li lancia a sua volta nella cassetta di lievitazione… che ritmo e che sicurezza, entrambi! Non sbagliano un colpo.
Parte della produzione di oggi verrà spedita fuori Matera. Capita spesso che i cornetti materani vengano richiesti da Milano, Firenze, dalla Sicilia ma anche Germania, America… “ormai li si esporta dappertutto” mi spiega Angelo.
Intanto che i pani lievitano assistiamo alla preparazione del forno a legna, una “piazza” di 25 mq capace di contenere 330 pani da un chilo per volta che deve essere portata alla temperatura di 330°, con l’introduzione di ballette di legna di bosco che ardono a poco a poco.
Trascorso il tempo di lievitazione Angelo e Mimmo si rimettono in movimento: c’è da sagomare i pani lievitati, conferendogli la caratteristica forma con l’aiuto dell’avambraccio e infine zac!zac!zac! il rito dei tagli netti impressi col coltello sul dorso del pane perché si apra meglio durante la cottura ma soprattutto, e questo fin dall’antichità, come rappresentazione della Santissima Trinità, per ringraziare Dio di questo bene primario.
E finalmente l’infornata, un altro Mimmo, giunto a supporto dei due colleghi, sistema i pani a partire dal fondo.
“Ma come fa a recuperarli?” la domanda sorge spontanea.
“Come li abbiamo infornati così li andiamo a prendere”.
Sono due le infornate e già dopo la prima, che regala bei pani bronzati, si parte per le consegne. E anche qui non resisto: salgo sul furgoncino ad affiancare Angelo. Nel naso, addosso quel profumo di pane che non vorresti perdere mai. Il profumo, il colore, il sapore del pane a Matera ti rapiscono così come l’unicità di questa città… entrambi sì, marchi identitari.
Il 2019 è alle porte e in quell’anno Matera sarà la capitale europea della cultura. Un ciclone sta per investire una città nella sua dimensione ovattata. Che le istituzioni si adoperino davvero per salvaguardarne la natura e che l’approccio di noi turisti, sempre più numerosi, sia non solo rispettoso ma di ascolto di un luogo sorprendente per bellezza, contenuti e persone.
Dei materani abbiamo apprezzato l’ingegno (l’architettura dei sassi e l’intelligente sistema idraulico ne sono la prova), la tenacia (ben rappresentata dal bue che nello stemma cittadino batte il piede) e, tantissimo, la cortesia gentile che ci ha ricordato che c’è un modo per affrontare bene un nuovo felice corso di vita: rimanere coi piedi per terra. Che è forse la condizione per essere un po’ più contenti di quello che si ha.
Simona Vitali
simonavitali@solobellestorie.it
I nostri consigli per un viaggio a Matera
Dove dormire
Palazzo degli Abati
Un piccolo hotel, ricavato nei Sassi, che offre una vista ma soprattutto un racconto vero della vita materana.
www.palazzodegliabati.it
Dove mangiare
Osteria dei Sassi
In un palazzo di fine Ottocento, tra arte contemporanea alle pareti e una cucina di materie prime di qualità
www.osteriadeisassi.it
La fedda rossa
Taglieri di salumi e formaggi lucani, ricette storiche, bella accoglienza: gli ingredienti giusti per una veloce sosta meridiana
www.lafeddarossamatera.com
Dove comprare
Massimo Casiello, falegnameria didattica
Per acquistare un ricordo di vero artigianato in legno
www.massimocasiello.it
Visite guidate
Active Tours
Una visita di assoluta eccellenza, accompagnati da Francesco Foschino e Anna Tamburrino, per capire davvero l’identità di Matera
www.sassidimatera.org