La nostra bella Italia, così varia e ricca morfologicamente e nelle tradizioni, non consente in ogni suo dove di ritagliarsi un futuro nella stessa misura. Ci sono zone che in questo senso risultano più ostiche rispetto ad altre, inevitabilmente.
Nelle isole, in particolare, accade ancora che i giovani decidano di emigrare, perché lì faticano a vedere un futuro lavorativo.
Ultimamente mi è capitato di conoscere un ragazzo, Salvatore Lampreu, che non solo ha scelto di rimanere, ma fa della valorizzazione e promozione della sua Sardegna il proprio futuro.
“Non che non faccia incursioni nella penisola ma -come dice lui – quando varco il mare ho la sensazione di abbandonare qualcosa. Però so di tornare”.
La storia di Salvatore è fortemente impregnata di quella cultura sarda fatta di racconti, racconti intorno al fuoco. Fin da piccolo viveva con intensità queste adunate di famiglia, durante le quali si condividevano (assorbendo) storie di una volta e leggende. E in effetti il fuoco in Sardegna rappresenta da sempre un elemento magico, un motivo di coesione. Non a caso uno dei santi più venerati è Sant’Antonio del fuoco. In tutti i paesi si accendono falò che ardono tutta la notte. E intorno persone, a rinsaldare legami.
E proprio ascoltando ha imparato a raccontare e ha forgiato una sua speciale vena narrativa. È cresciuto curioso Salvatore, attento osservatore e più ancora proteso a cercare il contatto con il territorio, relazionarsi.
“Prediligo i luoghi del silenzio, dove il tempo si è fermato.- mi racconta – I piccoli paesini abitati da poche persone, i santuari, gli intriganti fari che si stagliano sul mare. Ma anche i luoghi più noti, frequentati nelle stagioni o negli orari più improbabili, come Porto Cervo d’inverno”.
È appassionato Salvatore, di quella passione che contagia. Trascina dentro i suoi racconti, te li fa vivere. E si rende amabile, lo senti presto amico. Mi racconta della scelta di un percorso di studi, tra laurea e dottorato, in linea con questa sua propensione, che lo ha portato a specializzarsi nel Marketing Turistico Territoriale e nello Sviluppo Locale. Con forte impronta pragmatica però, grazie a una decina d’anni di esperienze lavorative nel campo della ricettività e della ristorazione.
L’intraprendenza, il darsi da fare, non gli sono mai mancati e anzi ogni esperienza gli ha fornito spunti, motivi per rilanciare. Come le numerose interviste a imprenditori, cuochi, artisti per cogliere lo spirito di un’area rurale della Sardegna, realizzate nel corso del Dottorato, per un piano di marketing territoriale.
“In questa occasione mi sono reso conto- mi spiega Salvatore- che ci sono tante persone che hanno voglia di parlare, di essere ascoltate. I territori hanno un’anima (silenziosa) ma a volte non trovano il mezzo adeguato per esprimerla. Chiunque transiti in quel luogo – un turista, un blogger, un giornalista – può contribuire a dar voce a quest’anima”.
Da qui l’idea di far uscire, in modo continuativo, l’anima che aleggia nei luoghi della terra natale raccontandola per storie, personaggi, o anche solo immagini in un blog che Salvatore ha ideato, cura personalmente e riempie del suo vissuto.
“Sardinia Mood, questo è il nome del mio blog! – la voce squillante e l’incedere incalzante di chi sente forte dentro ciò di cui sta parlando – è nato per passione ma è divenuto ben presto per me qualcosa di più. Mi permette, come un ponte, di entrare in contatto con persone che diversamente non avrei modo di conoscere e di pormi loro come portatore sano di Sardegna, trasferendo quell’atmosfera che respiro nelle situazioni che vivo”.
Una curiosa mongolfiera, leggibile anche come una tazzina di caffè fumante, è stata scelta come logo e assume un bivalente e complementare significato di viaggiare e interagire con altre persone.
Questo per dire che in Sardiniamood.com ogni singolo aspetto è curato, ed è il tempo dedicato, magari anche rubato al sonno, a ispirare e portare consiglio.
Succede così quando si ama. Conoscere senza amare non basta più in quest’epoca di social per poter comunicare in modo efficace, vale a dire arrivare diretti al cuore delle persone. Siamo invasi, pluri-sollecitati, ma anche più affinati. Non basta più l’autorevolezza di qualche testata, se a scrivere di quel luogo e di quel territorio è un frettoloso giornalista che raccoglie informazioni superficiali e non appurate (da tocca e fuga); e non bastano le ferree regole del marketing, se interpretate da ingessati e formali consulenti che in modo spersonalizzato approcciano le aziende.
C’è un’anima silenziosa in ogni situazione, occorre sintonizzarsi con quell’anima e darle voce, i contenuti sono tutti lì. Senza inventare nulla.
Simona Vitali
simonavitali@solobellestorie.it
Le foto sono state fornite da Salvatore Lampreu